Un sistema illecito, promosso da uno psicologo (destinatario di misura cautelare agli arresti domiciliari), finalizzato all’ammissione dei detenuti del carcere di Rebibbia, a Roma, a misure alternative alla detenzione, basate sulla redazione di mendaci certificazioni attestanti un abuso di stupefacenti/stato di tossicodipendenza o comunque precarie condizioni psicologiche. Dalle prime luci dell’alba circa 300 carabinieri del Nucleo Investigativo del Gruppo di Frascati e dei Comandi dell’arma territorialmente competenti, nelle province di Roma, Napoli, Avellino, Viterbo, L’Aquila, Teramo, Imperia e Bergamo, stanno dando esecuzione a due ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip del Tribunale Ordinario di Roma, su richiesta della locale Procura della Repubblica, Direzione Distrettuale Antimafia.

La prima ordinanza è stata eseguita nei confronti di soggetti, due ai domiciliari e due destinatari della misura interdittiva della sospensione dal pubblico servizio per la durata di un anno, gravemente indiziati, a vario titolo, per i reati di false dichiarazioni o attestazioni in atti destinati all’autorità giudiziaria, falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio e turbata libertà del procedimento di scelta del contraente.

L’altra indagine, che ha portato all’emissione di un’ordinanza nei confronti di 28 persone, gravemente indiziate, a vario titolo, dei reati di detenzione illecita ed associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, è scaturita proprio dal monitoraggio – all’interno del carcere di Roma Rebibbia – di un detenuto, personaggio di spicco del narcotraffico romano che, si ipotizza, intrattenesse contatti con lo psicologo del Ser.D

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