Udienza il prossimo 23 settembre per l'imprenditrice digitale nell'inchiesta per il caso del pandoro e delle uova di Pasqua
Chiara Ferragni va a giudizio: deve rispondere dell’accusa di truffa aggravata e continuata per il caso del pandoro e delle uova di cioccolato ‘griffati’. La Procura di Milano, guidata da Marcello Viola, ha deciso di procedere e di non archiviare la vicenda legata alla vendita del ‘Pandoro Balocco Pink Christmas‘ per il Natale 2022 e delle ‘Uova di Pasqua Chiara Ferragni’ nel 2021 e 2022, con un decreto di citazione a giudizio che fissa l’udienza per il prossimo 23 settembre. “Sono pronta a combattere per dimostrare la mia innocenza“, ha commentato l’imprenditrice digitale in una nota.
Ventisette testimoni per la procura
Nell’indagine, coordinata dal procuratore aggiunto Eugenio Fusco e dal sostituto procuratore Cristian Barilli, sono coinvolti anche Alessandra Balocco e Francesco Cannillo delle aziende Balocco e Dolci Preziosi e l’ex manager dell’influencer, Fabio Maria Damato. La Procura ha indicato in totale 27 testimoni, tra loro vi sono anche 8 consumatori, indicati come “persone informate dai fatti”, che avrebbero acquistato le uova di cioccolato e i pandoro griffati. Nel decreto di citazione a giudizio non vi sono invece persone offese. Ferragni, infatti, aveva raggiunto un accordo con il Codacons che aveva revocato la denuncia nei suoi confronti. L’imprenditrice ha risarcito gli acquirenti che si erano rivolti al Codacons che avevano comprato pandoro e uova di cioccolata e aveva donato in beneficenza 200mila euro.
Ferragni: “Pronta a lottare”
“Credevo che non fosse necessario celebrare un processo per dimostrare di non aver mai truffato nessuno – ha detto Ferragni – Sono pronta a lottare per far emergere con ancora maggiore determinazione la mia assoluta innocenza”. Ferragni, ribadiscono i legali dell’influencer, gli avvocati Giuseppe Iannaccone e Marcello Bana, “non ha commesso alcun reato“. “Restiamo fermamente convinti che questa vicenda non abbia alcuna rilevanza penale – aggiungono i legali – e che ogni profilo controverso sia già stato affrontato e risolto avanti l’Agcom. L’interlocuzione con i pubblici ministeri non ha avuto l’esito auspicato e la Procura ha preferito demandare al giudice del dibattimento ogni decisione, nonostante sia evidente l’assenza di condotte costituenti reato e la mancanza delle condizioni di procedibilità. L’innocenza della nostra assistita verrà certamente acclarata in giudizio, che affronteremo serenamente”. Il collegio di difesa di Alessandra Balocco, guidato dagli avvocati Alessandra Bono e Alessandro Pistochini, si dice “stupito” e “amareggiato” dalla decisione della Procura di Milano di rimandare “al giudice del dibattimento la decisione sulla vicenda, che all’evidenza non ha alcuna rilevanza penale, tenuto conto della solidità degli argomenti giuridici sviluppati in un’articolata memoria difensiva“.
Di cosa è accusata Ferragni
L’imprenditrice digitale, secondo le indagini, avrebbe conseguito un ingiusto profitto di oltre 2 milioni di euro, sommando entrambe le operazioni di vendita, mentre non è quantificabile il “profitto non patrimoniale derivante dal ritorno di immagine legato alla prospettata iniziativa benefica”.
La Balocco S.p.a Industria Dolciaria avrebbe venduto al pubblico “almeno 362.577 pandori ‘Balocco Pink Christmas, Limited Edition Chiara Ferragni’. Il pandoro ‘griffato’ era stato messo in vendita al “costo d’acquisto pari a circa 9,37 euro per confezione a fronte di circa 3,68 euro del Pandoro Balocco tradizionale”.
Per quanto riguarda le uova di cioccolato, la Cerealitalia-Id Spa avrebbe incassato come ingiusto profitto oltre 12 milioni, sommando entrambe le operazioni per la Pasqua 2021 e quella del 2022. Sia per il pandoro sia per le uova di cioccolato la comunicazione, veicolata anche attraverso i social dell’imprenditrice digitale, lasciava intendere che il ricavato delle vendite sarebbe stato devoluto in un caso all’ospedale Regina Margherita di Torino, nell’altro, invece, all’associazione ‘i Bambini delle Fate’. “Pubblicità ingannevole”, secondo i magistrati, condivisa “via social media” sia sui profili di Ferragni sia su quelli delle società coinvolte. I versamenti per beneficenza sarebbero stati, in realtà, precedenti rispetto alla vendita del pandoro e delle uova ‘griffate’, e di importo predefinito e non proporzionato alle vendite.
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