Michele Miravalle, dell'Osservatorio Antigone: "Dove ci sono telecamere, i processi sugli abusi in carcere vanno avanti. Dove non ci sono, no"
L’Osapp (Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria), per il tramite del segretario generale Leo Beneduci, porta all’attenzione dell’opinione pubblica quello che giudica “un fatto di estrema gravità che sta per consumarsi silenziosamente all’interno del sistema penitenziario italiano”. Il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP) “sta predisponendo un sistema di controllo centralizzato che consentirà alla sala situazioni presso lo stesso DAP di Roma di avere accesso diretto e in tempo reale a tutte le telecamere installate negli istituti penitenziari italiani“.
“Non stiamo parlando di un semplice sistema di videosorveglianza”, sottolinea Beneduci, “ma di un vero e proprio sistema di controllo centralizzato che permetterà di osservare in diretta ogni movimento all’interno delle strutture penitenziarie. Questo significa che ogni operatore di Polizia Penitenziaria, ogni magistrato in visita, ogni avvocato che incontra il proprio assistito, ogni medico che svolge il proprio dovere, ogni familiare in visita, potrà essere posto costantemente sotto l’occhio delle telecamere, con le immagini disponibili in tempo reale a Roma…”. “La questione assume contorni ancora più preoccupanti se si considera che questo sistema viene implementato senza alcuna preventiva valutazione d’impatto sulla protezione dei dati e delle immagini, senza consultazione sindacale (come stablisce lo Statuto dei Lavoratori) e senza informare adeguatamente i diretti interessati. Chi garantisce la sicurezza di queste immagini? Chi può accedervi? Come vengono conservate? Queste sono domande che richiedono risposte immediate”, incalza il leader dell’Osapp.
“Il sistema si configura come una forma di sorveglianza di massa la cui finalità non sembra riguardare le maggiori sicurezza e funzionalità delle carceri italiane, bensì l’assoluto controllo centrale di ogni momento della vita penitenziaria e che coinvolge non solo il personale penitenziario e i detenuti, ma anche tutti coloro che, per ragioni professionali o personali, varcano la soglia di un istituto penitenziario. I corridoi, gli atrii, le sale colloqui, le portinerie: ogni area videosorvegliata diventerà accessibile in tempo reale dalla sala situazioni del DAP”.
Secondo Michele Miravalle, dell’Osservatorio Antigone, occorre sempre un “surplus di trasparenza” nelle carceri. “Laddove ci sono prove video i processi per torture e violenza vanno avanti, dove non c’è nulla, falliscono”, aggiunge. “Ben venga un controllo da remoto centralizzato, se questo permetterà di avere maggior certezza di poter conservare le immagini e renderle disponibili per eventuali accertamenti dell’autorità giudiziaria. E questo sarà a garanzia anche degli operatori penitenziari. Ovviamente tutto ciò deve essere fatto nel rispetto delle normative sulla privacy e del diritto sindacale” conclude Miravalle.
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