Oltre 180 arresti nella retata compiuta nel capoluogo siciliano
I boss che comandavano dal carcere con sistemi tecnologici avanzati. E’ quanto è emerso dalla maxi-operazione antimafia di Palermo, con oltre 180 arresti. “Da questa indagine emerge un dato allarmante: l’estrema debolezza e permeabilità del circuito penitenziario di alta sicurezza che dovrebbe contenere la pericolosità dei mafiosi che non sono al 41 bis”, ha dichiarato in conferenza stampa il procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo.
“L’inchiesta di Palermo mostra chiaramente, confermando quanto emerso in altri contesti investigativi, che il sistema di alta sicurezza è assoggettato al dominio della criminalità“, ha aggiunto illustrando i 181 arresti per mafia messi a segno questa notte nei mandamenti mafiosi di città e provincia.
“Il tema mafioso sembra essere ai margini del dibattito pubblico, mentre la questione va messa al centro delle politiche pubbliche”, ha proseguito ancora Melillo. Sull’impegno del governo e sulla possibilità che l’esecutivo possa fare di più contro nella lotta alle mafie il procuratore nazionale antimafia ha risposto: “Tutti possiamo fare di più”.
Procuratore De Lucia: “Clan vivi e tecnologici, noi con 13 magistrati in meno”
“Cosa Nostra non è in una fase di sommersione e le indagini dimostrano che è attiva e presente sul territorio e dialoga con strumenti e tecnologie innovative. Sono centinaia le persone attive nell’organizzazione criminale che fa affari e cerca di ricostruire il proprio esercito”. Lo ha detto il procuratore di Palermo Maurizio de Lucia nella conferenza stampa in cui sono stati illustrati i dettagli del maxi blitz antimafia che nella notte ha portato all’arresto di 181 persone. “L’operazione fa seguito ad altri interventi che confermano la vitalità della mafia, ma anche la capacità di reazione dello Stato che continua a lavorare pur nella carenza di uomini, in procura mancano 13 sostituti e un aggiunto”, ha aggiunto de Lucia.
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