“Non esiste un diritto al suicidio né un obbligo dei medici a concorrere a una volontà suicidaria, qui si sta parlando di una norma penale che tutela il diritto alla vita in modo adeguato”. È stata la parte più significativa dell’intervento dell’avvocato dello Stato, Ruggero Di Martino, durante l’udienza pubblica in corso a Roma davanti i giudici della Corte Costituzionale, dove si discute la questione di legittimità, sollevata dal Gip del tribunale di Milano riguardo all’articolo 580 del codice penale, nella parte in cui prevede “la punibilità della condotta di chi agevola l’altrui suicidio nella forma di aiuto al suicidio medicalmente assistito di persona non tenuta in vita a mezzo di trattamenti di sostegno vitale affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili, e che abbia manifestato la propria decisione, formatasi in modo libero e consapevole, di porre fine alla propria vita”.
Secondo l’Avvocatura dello Stato, non sussisterebbero requisiti, anche minimi, per poter accedere al suicidio assistito.