Pagine dedicate su Facebook, post sui social network, trend topic su Twitter e persino un commento del premier Matteo Renzi: 'petaloso' piace, fa sorridere, e si è persino guadagnato una risposta dall'Accademia della crusca che, con rigore scientifico, ha lasciato intendere che il neologismo potrebbe avere la porta aperta verso il futuro. Eppure, alla vigilia dell'8 marzo, parole come assessora, ingegnera, avvocata e ministra fanno ancora storcere il naso a tanti, donne comprese. La lingua cambia, segue i mutamenti sociali e, talvolta, li anticipa. Nella prefazione al volumetto 'Donne, grammatica e media', Nicoletta Maraschio – che dell'Accademia è presidente onoraria – scrive che "non dobbiamo meravigliarcene troppo: il nuovo ruolo sociale, culturale e politico della donna implica trasformazioni che richiedono tempo". E avverte: "Il rischio per la nostra lingua è quello di continuare a trasmettere una visione del mondo superata, densa di pregiudizi verso le donne e fonte di ambiguità e insicurezze grammaticali e semantiche".
E allora 'ingegnera' si può dire anche se "suona male"? "Perché 'cacofonico' suona bene?". Cecilia Robustelli, professoressa associata di Linguistica italiana all'Università di Modena e Reggio-Emilia e collaboratrice dell'Accademia della Crusca, nonché autrice di numerosi lavori sul rapporto tra lingua e genere, ironizza e precisa: "Non dobbiamo scrivere una poesia, si tratta di grammatica". E, ancora, cosa rispondere alle donne che sostengono che ci siano cose più importanti del linguaggio nel percorso verso la parità di diritti uomo/donna? "L'ignoranza è trasversale al sesso. Anche lo studio dei mitocondri – dice la linguista – è una piccolezza rispetto allo studio del cancro, ma per studiare i tumori dobbiamo studiare i mitocondri. Ogni cosa ha la sua importanza".
C'è un altro aspetto, però, che accompagna la "resistenza culturale" nei confronti del linguaggio di genere anche da parte delle stesse donne: non sono poche quelle che preferiscono essere chiamate avvocato invece di avvocata, ingegnere invece di ingegnera. Perché succede questo? "Si ritiene ancora – dice la linguista – che certe professioni siano o debbano essere svolte da uomini", perciò nel fare un mestiere considerato storicamente (e culturalmente) maschile accade che le donne "si travestano": per Robustelli è come se "inconsciamente" sentissero di "usurpare" una professione o un ruolo. Da qui la preferenza per il genere maschile anche quando a compiere la professione è una donna.
Robustelli oggi e domani sarà a Torino per la presentazione di una carta di intenti dal titolo 'Io parlo e non discrimino', condivisa da Regione, Comune e Città metropolitana, con l'obiettivo di applicare alle attività amministrative e di comunicazione degli enti locali una lingua senza discriminazioni di genere. Un nuovo tentativo, dice Robustelli, "di adeguare il linguaggio alla realtà", fatta di ministre, biologhe e redattrici.