Il famoso street artist italiano, intervistato da LaPresse: "Gli consiglio di non entrare nei meccanismi di propaganda e di lasciare la propria arte libera"
“È un tema che mi tocca da vicino, sono contento di poterne parlare”. Si presenta così a LaPresse Salvatore Benintende, in arte TVboy, uno dei più importanti street artist italiani, con all’attivo centinaia di opere sparse in tutto il mondo e oltre un milione di follower sui social. Il tema in questione è, ovviamente, il caso Jorit, il collega napoletano che nei giorni scorsi ha fatto molto discutere per aver chiesto una foto e una stretta di mano al presidente russo Vladimir Putin per dimostrare “all’Italia che lei è umano come tutti”.
Salvatore chiarisce immediatamente di non voler entrare in polemica con il collega, al secolo Ciro Cerullo, di cui ha sempre stimato il lavoro e non vuole – né può – giudicarlo dal punto di vista umano: “Jorit è un grande artista, ha un sacco di talento, ma si sta facendo un po’ strumentalizzare dalla comunicazione di Putin. Il ruolo di noi artisti è quello di parlare di pace. Lui è un artista che seguo con passione, ha sempre mandato messaggi di pace. Schierarsi politicamente nel modo in cui ha fatto è però un errore strategico grave, perché il rischio è diventare parte di quella propaganda”.
Della guerra in Ucraina TVboy parla per esperienza diretta. Poco più di un anno fa, nel febbraio scorso, prendeva infatti parte a una missione di pace organizzata dalla ONG Cesvi, attraverso cui ha avuto modo di visitare il Paese. Tra Kiev, Bucha e Irpin Salvatore ha quindi realizzato 15 murales, vivendo a stretto contatto la popolazione del posto e gli artisti locali. È con emozione che ricorda le parole del sindaco di Bucha, una delle cittadine più colpite dai bombardamenti russi, che gli ha sottolineato come lui rappresentasse “un vento di speranza per noi. Non abbiamo bisogno di parlare di guerra, ma di futuro, di speranza di pace”. Parole che fanno eco anche a quelle dei suoi colleghi artisti ucraini: “Mi sono reso conto di essere un privilegiato quando, a una cena, gli street artist di Kiev mi hanno detto che da quando la guerra era iniziata avevano perso completamente la propria creatività: “Sentiamo che non è più una priorità fare arte, ma dobbiamo collaborare”, mi hanno detto, sottolineando come il mio punto di vista fosse differente perché, a differenza loro, riuscivo ancora a vedere futuro e pace”. Salvatore ricorda poi, tra i tanti episodi di distruzione e sofferenza, anche un momento di quella missione che lo ha particolarmente segnato.
“Il terzo giorno che eravamo a Kiev ci siamo svegliati e non potevamo uscire dall’hotel perché stavano bombardando. La sera prima, infatti, Zelensky aveva annunciato che la Germania avrebbe inviato i carri armati a supporto della difesa ucraina e quel bombardamento rappresentava la risposta di Putin agli aiuti. Un edificio accanto a dove eravamo noi è caduto, provocando alcuni morti. Lì ti rendi conto che per chi vive lì è una nuova normalità, ma per noi che venivamo da un paese in pace capisci invece che non sei mai del tutto al sicuro. Quando sono tornato a casa per una settimana ho avuto un senso di vuoto, perché ti rendi conto che le cose importanti della vita sono altre”. Tutto questo gli fa affermare sicuro che “l’immagine che ho avuto è quella di un popolo orgoglioso, che resiste con forza e integrità morale”. E per questo si sente di poter dire: “Se Jorit avesse visto quello che ho visto io con i miei occhi non si sarebbe schierato con la propaganda russa. Da quello che ho vissuto e mi hanno raccontato io non riesco a capire come un artista come lui possa mistificare una figura come quella di Putin, che letteralmente ha invaso e aggredito un popolo”.
A questo punto TVboy si addentra più a fondo nella posizione del collega: “Non sta a me giudicare le scelte delle persone, però anche dal punto di vista della coerenza non ne vedo troppa. Se lui è pro Palestina e Putin è alleato di Netanyahu, ci vedo della discrepanza”, per poi passare però a un’analisi più generale: “Io credo che noi artisti non dobbiamo parlare di guerra, ma di pace. Quando vedi la gioia negli occhi di un bambino che disegna con te in una scuola ricostruita dopo i bombardamenti ti rendi conto che non ha senso parlare di chi deve vincere la guerra. L’unica cosa di cui un artista deve parlare è di pace e di futuro”.
Il rischio, altrimenti, è quello che il rapporto tra arte e politica venga strumentalizzato: “Io vengo definito molto spesso una voce di sinistra. Questa cosa mi fa piacere, perché mi sento una persona con dei valori progressisti. Ma non ho mai voluto di fare atti di partito, anche quando mi è stato chiesto. È importante che l’artista rimanga slegato e non si faccia strumentalizzare, perché altrimenti il tuo messaggio non è più puro, non è più la tua voce. Diventi quello che una volta veniva definito l’artista di partito, mentre il bello della street art è proprio quello di non doverti mai far approvare i bozzetti da nessuno”.
Da una guerra all’altra, Salvatore parla anche della questione palestinese a cui, recentemente, ha dedicato un’opera per chiedere il cessate il fuoco immediato a Gaza: “Ho voluto realizzare delle opere sul tema e la prima opera che mi è venuta in mente è stata quella del bambino israeliano che abbraccia il bambino palestinese. Le nuove generazioni sono le uniche che possono superare questi conflitti e quello rappresenta quindi un inno alla convivenza”. E in questo processo anche l’arte e gli artisti hanno il proprio ruolo: “Tutti dicono che l’arte possa cambiare il mondo. Io non ci credo, onestamente, ma credo che noi, come artisti, siamo molto seguiti. Questo è valido sia per me che per Jorit. Sapere di poter arrivare a tutte queste persone ti stimola a voler parlare di temi importanti e di stimolare un dialogo. Una persona ha detto che l’arte è la massima espressione della speranza e io credo che l’arte debba portare speranza dove non c’è”.
L’arte come mezzo per aprire un dialogo di pace, quindi. Ed è su questa stessa linea che si chiude l’intervista a LaPresse di TVboy, che lancia così questo messaggio al collega Jorit: “Cosa mi sento di dirgli? Di non entrare nei meccanismi di propaganda e di lasciare la propria arte libera. Penso a tutti i dissidenti: le Pussy Riot, Navalny. È chiaro allora che non si può andare in Russia a farsi le foto con Putin e parlare contemporaneamente di libertà di espressione, perché con questo tipo di politica non c’è libertà di espressione. Non farti strumentalizzare dal potere, rimani un artista libero”.
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