Gli economisti italiani hanno rielaborato le teorie più importanti della disciplina, con un approccio allo stesso tempo critico e innovativo che ne ha fatto un esempio di ecclettismo a livello internazionale sconosciuto ad altre tradizioni. A ripercorrere la storia dell’economia italiana dalla seconda metà del ‘900 a oggi è ‘Il pensiero economico nell’Italia repubblicana’, a cura di Pierluigi Ciocca e Giangiacomo Nardozzi, pubblicato da Treccani Libri in occasione del centenario dell’Istituto della Enciclopedia italiana e presentato oggi a Roma dai curatori con Giuliano Amato, Giorgio La Malfa, Annalisa Rosselli, Mariuccia Salvati e Giuseppe Vacca.
Una storia di idee e di uomini che, dopo il fascismo e la guerra, hanno recuperato una tradizione economica fondata nel Medioevo, sviluppatasi nel Rinascimento, proseguita nell’Illuminismo lombardo e culminata, tra la seconda metà del diciannovesimo secolo e i primi anni del ventesimo, con autori come Francesco Ferrara, Maffeo Pantaleoni, Vilfredo Pareto, Enrico Barone, Antonio De Viti de Marco, Luigi Einaudi.
Sono numerosissimi gli autori citati nel volume, a dimostrazione di un movimento intellettuale e accademico davvero di grande portata, tra cui a solo titolo di esempio Bruno de Finetti, considerato uno dei grandi maestri nella teoria della probabilità; Piero Sraffa e i suoi scritti degli anni Venti sull’inflazione e sulla teoria della concorrenza dominante di Alfred Marshall a Cambridge; Federico Caffè, che ha dato impulso all’economia del benessere, a cui si lega la scienza delle finanze; Luigi Pasinetti e il suo contributo alla scuola di Cambridge nella versione sia sraffiana sia keynesiana; Paolo Sylos Labini, che ha riscosso il riconoscimento unanime con la sua teoria dell’oligopolio, imperniata sulle barriere all’entrata o Carlo Cipolla, storico dell’economia che ha unito la curiosità e l’originalità delle domande e il crisma filologico e analitico delle risposte a una scrittura chiara e brillante.