A Giza la kermesse multidisciplinare ‘Art d’Egypte’
Dal 24 ottobre al 16 novembre andrà in scena ‘Art d’Egypte’, la kermesse multidisciplinare lanciata dal curatore franco-egiziano Nadin Abdel Ghaffar allo scopo di promuovere l’arte egiziana e le iniziative culturali ad essa legate. Suo fiore all’occhiello è sicuramente l’iconica mostra d’arte, che ogni anno viene installata in una location egiziana storica. Proprio quest’anno lo scenario sarà particolarmente mozzafiato: l’esibizione infatti, dal titolo ‘Forever is now’ prenderà luogo all’ombra delle piramidi di Giza. L’unica italiana, donna, tra i 12 artisti internazionali che mostreranno lì le proprie opere, è Federica Di Carlo, con la sua opera ‘I see, I see’. Realizzata anche grazie al supporto del Ministero degli Esteri, dell’Istituto Italiano di Cultura del Cairo, della Gestione Silo e della Collezione Motta, l’opera di Di Carlo risulta essere particolarmente ambiziosa. L’idea infatti è quella di accompagnare gli spettatori in un viaggio sensoriale attraverso le piramidi, giocando con gli effetti che un sistema di lenti ottiche appositamente installato in loco produce interagendo con l’inimitabile gamma di colori tipica della luce del deserto. In questo modo, l’artista sposa perfettamente il concept dell’esibizione, da una parte rendendo omaggio all’unica delle 7 meraviglie del mondo antico sopravvissuta, dall’altra però offrendo uno sguardo unico, innovativo e inedito che permette di esplorare nuove frontiere e prospettive. Tutto questo, come spiega a LaPresse la stessa Federica Di Carlo, è stato possibile grazie a un connubio inscindibile tra arte, scienza e natura: “Scienza e natura sono la stessa cosa, non a caso scienza vuol dire natura, originariamente. Io riprendo un po’ questo concetto, ma poi sdogano l’aspetto scientifico e racconto in maniera poetica un display che ti mostra in realtà quello che hai attorno, ti leva gli schermi e ti invita a guardare il paesaggio delle piramidi con una prospettiva nuova”. ‘I see, I see’, infatti, è un lungo lavoro in serie nato nel 2015, basato sull’idea dello spostamento dello sguardo, che può sembrare “una cosa banale, ma in realtà è molto difficile, perché siamo abituati a queste immagini costanti che ci vengono trasmesse con tutti questi schermi. Infatti ‘I see, I see’ è un display”. Di Carlo entra quindi nel dettaglio, spiegando da dove nasce il suo approccio scientifico all’arte: “Con il mio background artistico all’estero ho capito che ibridare i mondi va bene e così ho iniziato a collaborare con grandi centri di ricerca scientifica, il CERN di Ginevra, l’MIT di Boston”. L’artista spiega quindi che ‘I see, I see’ rappresenta un’ibridazione perfetta di questo suo assunto. Si tratta, infatti di “una scultura, fatta di ferro e lenti, che interagisce con il paesaggio di luce, piramidi. Tutto questo diventa un’installazione perché necessita di te, dello spettatore, dei tuoi sensi, senza di te non si completa il lavoro”. Natura, scienza e arte, che nel caso specifico dell’installazione egiziana assume un altro elemento, quello mitologico: “C’è la scienza, ma c’è anche la mitologia, perché credo che il mito ci racconti il primo approccio dell’essere umano alla vita. La summa di questo lavoro, dunque, sta esattamente in questa unione dei diversi mondi in un’unica dimensione. Come spiega bene Di Carlo, in conclusione, in ‘I see, I see’ c’è “il mito del dio”, ma c’è anche una riflessione contemporanea sulle “lacrime e sull’umanità”. Passato e presente che si incontrano e si intrecciano, anche perché “senza piramidi non mi sarebbe mai venuto in mente”.
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