Pechino (Cina), 14 feb. (LaPresse/AP) – A poche ore dal declassamento dei sei Paesi europei, tra cui l’Italia, da parte dell’agenzia di rating Moody’s, il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy e il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso, sono a Pechino per un summit Cina-Ue, durante cui hanno incontrato il primo ministro Wen Jiabao. Al centro del dibattito la crisi finanziaria dell’Europa, rispetto a cui Pechino ha sottolineato l’importanza di lavorare in modo congiunto per arrivare a una soluzione. L’incontro, inizialmente fissato per ottobre scorso, era stato posticipato proprio per l’acuirsi della crisi nel vecchio continente.

“Dobbiamo lavorare insieme per inviare un messaggio positivo e benefico al fine di contribuire all’unità e alla cooperazione tra la Cina e l’Unione europea, ma anche a livello globale”, ha dichiarato Wen Jiabao, confermando che Pechino è pronta a “aumentare la propria partecipazione” per risolvere la crisi europea. Il premier non ha però voluto prendere alcun impegno finanziario. La necessità di collaborazione è stata riconosciuta anche da Van Rompuy. Le economie di Pechino e Ue, ha detto, sono “talmente interdipendenti che un cambiamento nel tasso di crescita di uno dei due partner strategici ha un impatto diretto ed evidente sull’altro”.

Tuttavia, Van Rompuy non ha esitato a bacchettare il partner asiatico sulla scarsa apertura dei mercati. “Ho più volte sottolineato – ha detto in conferenza stampa – la necessità di una parità di condizioni per le imprese europee, tra cui un migliore accesso ai mercati, la protezione degli investimenti e della proprietà intellettuale, nonché le nostre preoccupazioni riguardo al protezionismo”.

Oltre all’economia, i rappresentanti europei hanno allargato il discorso ad altre questioni di interesse internazionale, come Siria e Iran. Sulla crisi siriana, Van Rompuy ha chiesto alla Cina un maggior impegno. L’Ue, ha detto in conferenza stampa, sostiene gli sforzi della Lega araba e “chiede a tutti i membri del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite di agire in modo responsabile in questo momento cruciale”. La Cina è stata criticata assieme alla Russia per aver posto il veto sulla risoluzione presentata al Consiglio di sicurezza dell’Onu il 4 febbraio. Un documento che avrebbe spinto il presidente Bashar Assad a lasciare il potere. Pechino però sostiene che il voto sia stato convocato prima che le differenze di vedute sulla proposta tra i vari Paesi fossero colmate. Secondo Wen Jiabao, in Siria la questione più urgente è “prevenire la guerra e il caos”. Pechino, ha assicurato il premier, sostiene tutti gli sforzi sotto l’egida della Carta costituzionale dell’Onu. “La Cina – ha aggiunto – non sta proteggendo alcuna parte, nemmeno il governo di Damasco. Il futuro della Siria dev’essere deciso dal popolo siriano”.

Sull’Iran e le preoccupazioni europee per il programma nucleare, Van Rompuy ha sottolineato di avere spiegato a Wen Jiabao che “le azioni e le sanzioni sono volte a riportare Teheran al tavolo delle negoziazioni”. Nel dibattito c’è stato spazio anche per lo sviluppo e i diritti umani. “Come partner e amico della Cina – ha detto ancora Van Rompuy – ho espresso il serio interesse che gli europei hanno affinché i buoni risultati (la lotta per la povertà, ndr) siano accompagnati da simili progressi nel rispetto dei diritti umani universali e dello stato di diritto”.

Wen Jiabao ha sottolineato che la Cina avrebbe voluto discutere di diritti umani ma, ha detto, “un dialogo simile deve essere portato avanti sulla base del rispetto reciproco e dell’obiettività, al fine di costruire una maggiore fiducia”. Sollecitato però sulla questione del Tibet e delle immolazioni di diversi monaci negli ultimi anni, il premier cinese ha risposto seccamente: “Ogni tentativo di incitare un piccolo numero di monaci a compiere azioni radicali per minare la stabilità della regione autonoma del Tibet non è nell’interesse della regione stessa e in quello della gente che vi abita”. “Questi tentativi – ha aggiunto – non hanno il sostegno popolare”. Il premier ha quindi difeso le politiche della Cina nei confronti del Tibet, affermando che il governo rispetta la cultura tradizionale e la libertà di religione. Wen ha infine aggiunto che la Cina ha investito molto nella regione e continuerà a farlo.

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