Roma, 25 ago. (LaPresse) – In Cina l’indebitamento privato sta crescendo rapidamente, insieme ai prezzi immobiliari, e questo rischia di creare squilibri finanziari simili a quelli esplosi nel 2008 negli Usa. Ma a garantire la stabilità del sistema ci sono le condizioni politiche: gran parte dei risparmiatori non può investire all’estero e in ogni caso lo Stato, che possiede banche e imprese, difficilmente farà scoppiare la bolla avviando pericolose richieste di rimborso dei crediti. E’ l’analisi del centro studi di Confindustria. “Nonostante – si legge nel rapporto – il mercato immobiliare traballi, perché i prezzi sono saliti molto e ci sono tante abitazioni invendute, c’è un alto fabbisogno insoddisfatto di case: nel 2010 c’erano circa 150 milioni di alloggi nei centri urbani, 85 milioni meno del numero di famiglie urbane residenti”.
“Le misure di stimolo dell’economia per far fronte alla crisi – si legge nel documento – hanno innescato un boom creditizio: dal 2008 al 2009 l’indebitamento del settore privato è balzato dal 103,7% del Pil al 127,2%, un aumento di 23,5 punti in un anno, attestandosi al 127,4% del Pil nel 2011 (fonte Fmi; per la Cina, questo dato include i prestiti alle imprese statali). Un salto così pronunciato e concentrato nel tempo non è ripetibile e può causare squilibri finanziari”.
“Tuttavia – prosegue Condindustria – vi sono due grandi peculiarità, rispetto agli altri paesi, che rendono il sistema bancario cinese più resistente, paradossalmente per gli stessi motivi per cui risulta inefficiente: primo, la Cina può contare su un elevatissimo numero di risparmiatori che non possono indirizzare altrove i propri capitali, in termini sia di intermediari sia di paesi in cui investire (in ciò ricorda molto l’autarchia finanziaria dell’Italia negli anni ’70 e ’80); secondo, nessun credito incagliato diventa perdita se non se ne chiede il rimborso, quindi è poco probabile che lo Stato, che possiede sia le banche creditrici sia le imprese pubbliche debitrici, inneschi tale meccanismo”.
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