Roma, 26 nov. (LaPresse) – “La chiusura dell’Ilva sarebbe un evento gravissimo per tutto il sistema industriale italiano, conseguente ad un vero e proprio accanimento giudiziario nei confronti dell’azienda”. Così in una nota Confindustria.
“C’è una contraddizione evidente – spiega Confindustria in una nota – tra il percorso delineato dall’Aai, sul quale l’Ilva stava lavorando seriamente con ingenti investimenti, e le decisioni della magistratura. Una cosa sono le responsabilità penali, su cui è importante che la giustizia segua il suo corso, altra è la continuità produttiva e aziendale, che non può e non deve essere messa in discussione, così come la riqualificazione ambientale del territorio tarantino, che nessuno più porterebbe avanti in caso di abbandono dello stabilimento”.
Per viale dell’Astronomia “il risultato drammatico davanti al quale ci troviamo oggi è di privare il nostro Paese della più grande acciaieria di Europa, con imponenti ripercussioni sull’occupazione e, più in generale, su tutta l’economia italiana. L’Ilva di Taranto impiega direttamente quasi 12.000 addetti, che diventano più di 25.000 se si considerano i lavoratori degli stabilimenti di Genova, Novi Ligure, Racconigi, Marghera e Patrica e il relativo indotto”.
Il polo di Taranto, spiega Confindustria, “ha un capacità produttiva di circa 10 milioni di tonnellate annue, pari ad oltre il 40% delle produzione nazionale di acciaio. La chiusura dello stabilimento può mettere in ginocchio la produzione manifatturiera italiana, con pesanti ricadute anche sulle aziende acquirenti ‘in buona fede’, che saranno penalizzate delle forti perdite di produzione”. Confindustria stima che i costi di sostituzione sulla bilancia commerciale e gli extra costi di approvvigionamento siano tra i 4,5 e i 7 miliardi di Euro per anno. “I costi per la collettività (Cassa Integrazione, Imposte ed Oneri Sociali) – prosegue la nota – saranno pari a quasi un miliardo di Euro l’anno, mentre la perdita di potere di acquisto sul territorio di Taranto e provincia è stimabile in circa 250 milioni l’anno”.
Per Confindustria, quindi, “è necessario, da un lato, un intervento urgente del Governo e, dall’altro, che alla luce della decisione del Gip di Taranto siano rapidamente prese iniziative, affinché l’azienda possa essere messa nelle condizioni di continuare la produzione ed assumere precisi impegni sul percorso di riduzione dell’impatto ambientale”.
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