Torino, 7 mag. (LaPresse) – Fiat punta forte sul Brasile. Il gruppo automobilistico torinese ha deciso di rafforzare la sua presenza nel Paese sudamericano, il quarto mercato mondiale delle quattro ruote con 3,8 milioni di vetture vendute nel 2012: l’ad Sergio Marchionne ha annunciato al presidente brasiliano, Dilma Rousseff, un programma di investimenti da 7 miliardi di dollari entro il 2016. Investimenti che, oltre all’auto, riguarderanno anche la produzione di veicoli industriali (Fiat Industrial) e motori. Grazie al nuovo piano il Lingotto aumenterà la sua forza lavoro nel Paese carioca di 7.700 dipendenti (12.000 se si considera anche l’indotto). Il programma presentato da Marchionne a Dilma Rousseff rafforza il precedente piano che prevedeva circa 4 miliardi di dollari da investire in Brasile nel periodo 2011-2014.

L’annuncio ha riportato sul tavolo la questione delle scelte del Lingotto sulla sua presenza in Italia, che ha generato un botta e risposta al convegno dell’Anfia ‘Quali opportunità per la componentistica italiana’. “Il ruolo degli stabilimenti italiani è centrale”, ha detto Alfredo Altavilla, chief operating officer regione Emea di Fiat, ma “in Italia i margini sono sempre più schiacciati”, ha aggiunto, ribadendo che “i momenti difficili non sono finiti”. Altavilla ha anche ripetuto gli investimenti fatti in Italia a Grugliasco, Melfi e Pomigliano definendo il piano “non per i deboli di cuore” come già disse l’amministratore delegato Marchionne. Ai fornitori presenti in sala ha quindi ribadito che il progetto per gli impianti del Lingotto “è una grande sfida per l’Italia, che altrimenti finirà fuori mercato”.

Il piano passa attraverso un rilancio dei marchi Alfa Romeo e Maserati, oltre che Jeep. Altavilla però non ha speso alcuna parola sugli altri impianti italiani, a cominciare da Mirafiori, su cui l’azienda non ha ancora definito investimenti e produzioni. La cosa non è sfuggita a Claudio Chiarle, segretario Fim-Cisl di Torino. “Nelle parole di Alfredo Altavilla non ho sentito alcun segnale su Torino”, ha sottolineato. “Il messaggio sull’area torinese non è arrivato – ha spiegato Chiarle – doveva chiedere agli imprenditori di avere pazienza per due anni, invece non ha detto nulla. Non c’è prospettiva”.

“Ci sono diverse alternative sugli impianti torinesi – ha ribattuto Mauro Ferrari, presidente del gruppo componentisti dell’Anfia – ma non se ne parla fino a quando Marchionne non decide”. “Non c’è nulla di preciso ma solo ipotesi da approfondire”, ha aggiunto, ricordando che dal 2007 il settore ha perso quasi 20mila posti di lavoro, di cui 4.900 nel torinese.

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