Di Jan Pellissier

Siena, 28 dic. (LaPresse) – Alessandro Profumo e Fabrizio Viola potrebbero lasciare Mps al primo cda del 2014. La banca comunque dovrà pagare come minimo 95 milioni di interessi in più sui 4.071 milioni di euro avuti lo scorso 28 febbraio dallo Stato, e soprattutto non è sicuro se l’aumento di capitale proprio per ripagare i Monti bond, tra qualche mese si potrà ancora fare a condizioni favorevoli come oggi. Restano poi sul groppone della banca, a prescindere dall’aumento di capitale, ancora 28 miliardi avuti dalla Bce dal piano Ltro. Gli unici a sorridere alla fine dell’assemblea di oggi sono i vertici della Fondazione Mps, che resta azionista al 33,5% oggi, ed avrà più tempo per vendere parte di questo capitale della banca ed uscire dalle secche di un debito da 350 milioni che rischia di soffocarla. L’ente che fino a un anno fa aveva il 51%, e fino a sei mesi fa era l’unico a poter detenere più del 4% del capitale, tra sei mesi avrà meno del 10%, ma di una banca ridotta come?

Il giudizio del mercato in questi mesi è stato durissimo, il titolo ha ritoccato i minimi 10 giorni fa, proprio mentre il Mib toccava il suo massimo da molti anni a questa parte. Cosa succederà se nei prossimi mesi, l’incertezza evocata da Alessandro Profumo si trasformerà in ribassi reali? L’ex a.d. di Unicredit forse non ci sarà più, milioni di azionisti piccoli e milioni di correntisti sì. Passata la febbre del ‘Palio mediatico’ tra Mansi e Profumo, restano sul tavolo solo i numeri. Nel 2013 Mps tra Monti e Tremonti bond spenderà 330 milioni solo di interessi (30 legati a due mesi di Tremonti bond, 299,7 milioni relativi ai Monti bond attivi dal primo marzo). Nel 2014 potrebbe anche andare peggio, visto che il tasso di interesse salirà dal 9 al 9,5% e la massa di capitale sarà immutata a 4 milairdi per almeno 5 mesi, per un esborso di 161 milioni. Approvando l’aumento di capitale da 3 miliardi oggi, e facendolo partire al primo febbraio 2014 si sarebbero risparmiati 95 milioni in 4 mesi, se i tempi saranno più lunghi ogni mese si pagheranno poi 30 milioni in più. Se poi l’aumento di capitale non dovesse essere approvato a fine maggio, 38mila risparmiatori vedranno slittare di mesi o anni la loro cedola sul subordinato decennale Upper Tier 2, che nel 2008 portò 1,7 miliardi nelle casse della banca per finanziare la sciagurata acquisizione di Antonveneta.

Se poi l’aumento non si farà, perché non si troveranno banche o finanziatori che diano vita ad un consorzio di garanzia, il danno arriverà nelle tasche di tutti gli italiani, visto che la banca sarà nazionalizzata ed i 4 miliardi di Monti bond diventeranno azioni della banca. Se invece l’aumento di capitale si farà, i tempi sono già determinati. Dal 12 maggio in poi infatti la banca avrà due settimane per la negoziazione diritti, poi un’altra settimana per l’inoptato, e quindi a luglio con i soldi incassati sarà pagata allo Stato la famosa rata 2013 sul Monti bond da 330 milioni. Il consorzio di garanzia potrà invece essere organizzato prima del 12 maggio. Ma se i mercati crollano, tutto questo progetto potrebbe restare sulla carta. “Il tema è la certezza contro l’incertezza. Oggi sappiamo che ci sono delle incertezze, cosa succederà sul mercato non dipende da noi, per creare un consorzio di garanzia su un aumento di capitale così complesso come questo, bisogna dare certezze a chi investe, è quello che chiedono” ha spiegato Profumo, che ha concluso la sua giornata con due concetti che hanno gelato tutti e anche la Fondazione. Il primo riguarda la sua idea di una Mps sana: “Io ho in testa una banca con tre miliardi di capitale in più, noi che dobbiamo renderne 4 ai contribuenti. Oggi è tutto incerto, e si aggiungono 300 milioni di interessi. Oggi avevamo una certezza, domani non lo sappiamo”. E sulla ‘senesità’ della banca chiarisce: “Da dove arrivavano i 3 miliardi non mi interessa, ma se la banca è ben gestita resta la banca e resta a Siena. Se non arrivano i 3 miliardi e la banca non è ben gestita la banca sparisce”.

© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata

Tag: