Milano, 21 feb. (LaPresse) – Pier Carlo Padoan, romano classe 1949, è stato nominato presidente dell’Istat solo la settimana scorsa. Un incarico che a questo punto non ricoprirà mai, dovendosi trasferire al ministero dell’Economia in via XX settembre a Roma. Succede a Fabrizio Saccomanni, che arrivava da Bankitalia. Prima della nomina all’Istat è stato capo economista e vicedirettore generale dell’Ocse, oltre che professore di economia presso l’Università La Sapienza di Roma. Fino al 2007, quando passò all’Ocse su indicazione del secondo Governo Prodi, è stato per 4 anni direttore della Fondazione Italianieuropei, il think tank ideato da Massimo D’Alema, con cui Padoan lavorò anche negli anni in cui ‘il baffetto’ era a Palazzo Chigi.

Dal 2001 al 2005 ha ricoperto l’incarico di direttore esecutivo per l’Italia del Fondo monetario internazionale con responsabilità su Grecia, Portogallo, San Marino, Albania e Timor Est. Ha avuto anche incarichi di consulenza per la Banca mondiale, la Commissione Europea e la Banca centrale europea oltre che di consulente di Giuliano Amato.

Le sue opinioni sono sempre state molto dirette, e quindi apprezzate dai media italiani, specie negli ultimi anni. Nel 2012 scrisse su ‘Panorama’: “Prima o poi, ci dice l’esperienza, un debito troppo alto ridurrà drasticamente la crescita” e sul futuro dell’eurozona aggiunse: “Tutti i paesi (anche la Germania) hanno poi bisogno di migliorare la competitività con riforme che aumentino la concorrenza. I paesi del Sud (Italia compresa) hanno bisogno di abbattere i costi del lavoro”. A metà 2013, sempre sul settimanale della Mondadori aggiunse: “Nelle condizioni italiane una riduzione significativa delle imposte non può che passare per una altrettanto significativa riduzione delle spese”. A inizio 2014, in uno dei suoi ultimi interventi, sempre su ‘Panorama’, in merito alla situazione della nostra economia disse: “Nel 2014 l’Italia dovrebbe tornare a crescere. Si discute sui numeri ma la vera domanda è: per quali ragioni dovrebbe tornare il segno più davanti al Pil? Soprattutto per la crescita delle esportazioni nette, trainate in gran parte dalla ripresa (un po’ meno forte di quanto atteso) della domanda mondiale, e solo in piccola parte da un miglioramento della competitività. Gli investimenti invece dovrebbero crescere assai meno, e forse non crescere affatto. Qui sta il problema”.

Più volte critico con Mario Draghi, Padoan si è espresso anche su Telecom. Le sue parole risalgono al 2007, ma sono attualissime: “Ogni volta che si pone il tema Telecom, soffro molto – disse al Corriere della Sera – sulla questione dell’italianità ho un’opinione che si avvicina molto al famoso modello Wimbledon. Non penso che la fortuna del Paese dipenda dalla proprietà delle imprese, ma da dove esse operano e da cosa producono”. Nel 2006 poco prima del voto, quando dall’Inghilterra arrivarono molti attacchi al premier uscente Silvio Berlusconi, Padoan fu sibillino: “Gli inglesi non fanno nulla per caso”. Tra le sue pubblicazioni ci sono: ‘L’economia europea (Farsi un’idea)’, scritto nel 2009 con Paolo Guerrieri con cui nel 1988 scrisse anche ‘Libero scambio, protezionismo e concorrenza internazionale’. Nel 2008 prima pubblicò ‘The Marshall Plan: Lessons Learned for the 21st Century’ con Eliot Sorel.

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