Roma, 29 lug. (LaPresse) – E’ dell’Italia “il record mondiale” della pressione fiscale effettiva. Lo sostiene Confcommercio, che rileva che la pressione è pari al 53,2% del Pil, al netto dell’economia sommersa che è intorno al 17,3% del prodotto interno lordo. Si tratta di una percentuale, precisa l’Ufficio studi dell’associazione, che supera quella di tutti i maggiori Paesi nel mondo, superiore dunque anche a quella di Paesi che hanno notoriamente una forte pressione fiscale come Danimarca (51,3%) e Francia (49,5%). La pressione fiscale apparente, invece, è pari al 44,1% del Pil.
Confcommercio inoltre rivede le stime sul Pil del 2014 portando la crescita del prodotto interno lordo a +0,3% rispetto al +0,5% di due mesi fa. Per i consumi la crescita stimata è dello 0,2% in aumento di un decimo di punto rispetto alla precedente previsione. L’Ufficio studi dell’associazione evidenzia anche che i nuovi criteri di calcolo del Pil introdotti dall’Ue comporteranno un calo del deficit dal 2,6% al 2,5%, liberando dunque 1,68 miliardi di euro di risorse, pari a 250-300 euro a testa per ciascun italiano.
Per Confcommercio il 2015 si presenta come “un anno di transizione più che di ripresa”. L’associazione conferma la previsione del Pil a +0,9% per l’anno prossimo. “Il senso di queste previsioni – sottolinea l’Ufficio studi – è semplice: senza un cambiamento profondo della nostra economia è largamente improbabile osservare tassi di crescita sensibilmente superiori all’1%”. Nel periodo 1996-2007, si legge nel rapporto di Confcommercio, se sulla crescita del Pil si guarda all’Italia nei confronti della media europea, “il distacco è di quasi dieci punti, cioè 14,8% di variazione cumulata contro una crescita del Pil del 24,3% dell’area euro a 18 paesi. La Germania, che in un certo periodo era considerata il paese debole dell’Europa, è cresciuta comunque di oltre cinque punti più dell’Italia. Queste valutazioni meccaniche dovrebbero portare a riconsiderare l’idea che l’euro sia il problema del nostro Paese. I difetti strutturali di crescita dell’Italia sono precedenti alla moneta unica e largamente ne prescindono”. Inoltre, ricorda l’analisi, “i distacchi con la Germania diventano incolmabili: l’Italia si trova in fondo alle graduatorie secondo la crescita del Pil all’interno di tutti i paesi dell’Ocse”.