Di Giuseppe G. Colombo
Roma, 22 set. (LaPresse) – La riforma dell’articolo 18 targata Matteo Renzi piace all’ex viceministro del Welfare, Michel Martone, ma il nuovo assetto del mercato del lavoro, delineato nella legge delega, ha “allo stesso tempo dei limiti”. In un’intervista esclusiva a LaPresse, il giuslavorista non ha dubbi sulla necessità di procedere a una revisione della norma che disciplina i licenziamenti illegittimi: “La strada del contratto a tutele crescenti – spiega – poteva essere già intrapresa dal ministro Fornero”. Le modifiche introdotte con la legge 92 del 2012, quindi, non sono sufficienti per Martone e per questo la strada tracciata dal governo Renzi con la legge delega, su questo punto, “va nella giusta direzione perchè garantisce una maggiore certezza del diritto”.
“Nel 2012 – prosegue Martone – avremmo potuto perseguire noi questa via: il reintegro va mantenuto per i licenziamenti discriminatori, ma per il resto bisogna prevedere un modello che si basa su tutele crescenti legate all’anzianità di servizio”. Un tentativo, insomma, che per l’ex viceministro del Lavoro doveva essere intrapreso già dalla Fornero. In quell’occasione si introdussero modifiche, attualmente vigenti, sul licenziamento disciplinare e su quello per motivi economici. Nel primo caso, il giudice può decidere tra il reintegro e un indennizzo che va dalle 12 alle 24 mensilità; nel secondo, invece, è previsto il solo indennizzo economico con eccezione dei casi di “manifesta insussistenza dei motivi addotti”, dove si prevede il reintegro. La riforma di Renzi, però, non è tutta rose e fiori. E le riserve di Martone si concentrano su due aspetti: la riduzione a due sole forme contrattuali e il campo di applicazione della riforma.
Un obiettivo della legge delega, da rendere concreto con i decreti attuativi, è quello di sfoltire la giungla contrattuale. Un tentativo che negli anni si è rivelato fallimentare dato che Damiano riuscì a eliminare il contratto a chiamata solo per alcune categorie e la Fornero riuscì ad abolire solo una forma contrattuale. Renzi è troppo ambizioso su questo punto?
“Premettendo che le tipologie contrattuali sono 14-15 e non 46, come emerge spesso nel dibattito corrente, ridurre il tutto a soli due modelli contrattuali mi sembra eccessivo: al Governo consiglio prudenza perchè si tratta di intervenire su venti milioni di rapporti di lavoro”.
C’è poi il tema della riforma degli ammortizzatori sociali. C’è chi sostiene che strumenti come la cassa integrazione in deroga sono ormai superati: rifinanziati con fatica anno dopo anno, non riescono a frenare l’emergenza lavoro. C’è necessità di una riforma in questo settore?
“Credo che questo sia uno degli aspetti più importanti della riforma: l’impostazione è stata già posta in essere con la riforma Fornero e la previsione dell’Aspi: ora occorre trovare le risorse necessarie”.
Il lato politico di questa riforma è quella di creare più lavoro. Obiettivo possibile?
“Al di là del dibattito sull’articolo 18 sì o no, la parte più importante, a mio avviso, è quella dei servizi per l’impiego: da questo dipenderà la possibilità di creare nuova occupazione. Alla luce del fallimento di Garanzia giovani credo che ci sia molto da fare sul fronte delle politiche attive del lavoro, passando dal piano legislativo a quello gestionale”.
Insomma, Martone, che riforma è quella di Renzi?.
“Bene sulle tutele crescenti, anche se purtroppo non supera l’apartheid del nostro mercato del lavoro, dato che si applica solamente ai nuovi assunti”.
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