Roma, 3 gen. (LaPresse) – La caduta dei prestiti bancari alle imprese sta rallentando. Nell’ultimo anno (tra l’ottobre 2014, ultimo dato disponibile, e lo stesso mese del 2013) le imprese hanno subito una riduzione degli impieghi pari a 6 miliardi di euro (-0,7 per cento). Rispetto alla fine del mese di ottobre del 2011, fase in cui ha inizio il cosiddetto credit crunch, la contrattura sfiora i 95 miliardi di euro (-9,4 per cento). Nel contempo, le sofferenze hanno subito un vero e proprio boom: nell’ultimo anno sono aumentate di 29 miliardi di euro (+25,5 per cento), mentre dal 2011 all’ottobre del 2014 l’incremento si è attestato attorno ai 66 miliardi di euro (+85,6 per cento). E’ quanto emerge da uno studio della Cgia.
Con la crescita dei rischi legati all’aumento delle sofferenze, spiega la Cgia, le banche italiane hanno deciso di ridurre gli impieghi alle attività economiche, privilegiando gli investimenti in Bot, Btp, Cct e Ctz. Tra l’ottobre del 2011 e lo stesso mese dell’anno scorso, infatti, la quantità di titoli di stato italiani detenuti dalle banche residenti nel nostro Paese è pressoché raddoppiata. Se tre anni fa nelle cassette di sicurezza dei nostri istituti di credito gli asset governativi ammontavano a 208,6 miliardi di euro, nell’ultima rilevazione hanno toccato i 414,3 miliardi di euro. Nell’ultimo anno, invece, lo stock è cresciuto di 14,7 miliardi di euro (+ 3,7 per cento).
“Questa operazione – dice il segretario della Cgia, Giuseppe Bartolussi – non va demonizzata. A seguito di questi copiosi investimenti nei titoli di Stato ci siamo riappropriati del nostro debito pubblico che 4 anni fa era per il 40,4 per cento nelle mani degli investitori stranieri; oggi, invece, tale quota è scesa al 34 per cento. Certo, a seguito della contrazione degli impieghi non sono state poche le attività che hanno chiuso i battenti. Pertanto è necessario cambiare rotta. Tuttavia, se da un lato siamo diventati un Paese meno a rischio, dall’altro lato l’acquisto di Bot, Cct e Btp ha consentito alle nostre banche di aumentare il proprio livello di patrimonializzazione, così come imposto dagli accordi di Basilea”.
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