Roma, 28 mag. (LaPresse) – I professionisti sono quelli che guadagnano di più e i commercianti quelli in coda alla classifica del reddito tra le categorie per cui sono in vigore gli studi di settore. Secondo i dati del Ministero dell’Economia, riferiti al 2013, il reddito medio più elevato, analogamente al 2012, si è registrato nel settore delle attività professionali (42.100 euro, -2,9% rispetto all’anno precedente), seguito dal settore delle attività manifatturiere (29.000 euro, +6,8%) e dal settore dei servizi (23.500 euro, -2,7%), mentre il reddito medio dichiarato più basso si è registrato nel commercio (17.500 euro, +2,0%). Gli studi di settore nel 2013 sono stati applicati a circa 3,6 milioni di soggetti (di cui il 65% persone fisiche), con una lieve diminuzione (-0,8%) rispetto all’anno precedente.
Il reddito totale dichiarato, pari a 98 miliardi di euro, mostra una variazione negativa (-1,8% rispetto al 2012) che riflette principalmente gli andamenti ciclici registrati nel 2013, anno in cui il Pil è calato dell’1,7% in termini reali rispetto all’anno precedente (-0,4% in termini nominali). Stando alle statistiche diffuse dal Mef il reddito medio dichiarato è risultato pari a 25.400 euro per le persone fisiche (-1,2% rispetto all’anno precedente), a 35.500 euro per le società di persone (-1,0%) e a 23.800 euro per le società di capitali ed enti (+0,8%). Rispetto all’attività esercitata (considerando tutti i soggetti che applicano gli Studi di Settore), il reddito medio più elevato, analogamente al 2012, si è registrato nel settore delle attività professionali (42.100 euro, -2,9% rispetto all’anno precedente), seguito dal settore delle attività manifatturiere (29.000 euro, +6,8%) e dal settore dei servizi (23.500 euro, -2,7%), mentre il reddito medio dichiarato più basso si è registrato nel commercio (17.500 euro, +2,0%). Significativa è la differenza tra il reddito medio dei soggetti ‘congrui’ rispetto a quello dei soggetti ‘non congrui’: escludendo i soggetti di minori dimensioni, si passa complessivamente da un reddito medio di 41.300 euro per i soggetti congrui ad una perdita media di 8.600 euro per quelli non congrui.
82,6% di Irpef versato da lavoro dipendente o pensioni. L’82,6% dei circa 41 milioni di contribuenti Irpef detiene prevalentemente reddito da lavoro dipendente o pensione e solo il 5,9% del totale ha un reddito prevalente derivante dall’esercizio di attività d’impresa o di lavoro autonomo, in linea con l’anno precedente. Lo riferisce il Ministero dell’Economia, sottolineando che la percentuale di coloro che detengono in prevalenza reddito da fabbricati è pari al 3,8% (in aumento rispetto al 2,5% del 2012, per effetto delle novità Irpef sui redditi immobiliari).
Il reddito medio da lavoro dipendente presenta un’elevata variabilità rispetto alla diversa natura del datore di lavoro. Lo sottolinea il Ministero dell’Economia, sottolineando che il reddito medio più basso, pari a 10.680 euro, si osserva per i lavoratori dipendenti il cui datore di lavoro è una persona fisica (1,5 milioni di dipendenti), mentre il valore sale a 13.960 euro per i dipendenti di società di persone (1,4 milioni), a 22.400 euro per i dipendenti della Pubblica Amministrazione (3,5 milioni) e il reddito medio più elevato, pari a 23.580 euro, si registra per i dipendenti delle società di capitali (10,3 milioni). Dall’analisi integrata di via XX Settembre delle dichiarazioni dei dipendenti con quelle dei propri datori di lavoro si osserva che circa il 78% dei dipendenti ha prestato servizio presso lo stesso datore di lavoro nell’arco dell’anno, mentre il restante 22% ne ha avuti due o più. Rispetto alla natura giuridica del datore di lavoro, si rileva che il 54% dei lavoratori dipendenti presta servizio presso società per azioni, società a responsabilità limitata e società cooperative, seguiti da coloro che sono occupati presso enti pubblici (14%), ditte individuali (9%), società di persone (8%) ed enti e istituti di previdenza e assistenza sociale (6%).
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