Milano, 28 mag. (LaPresse) – Contento del Governo, nonostante la “manina anti-impresa” che spesso interviene sull’operato di Palazzo Chigi. Deluso dall’Europa “senza anima, né cuore”. Giorgio Squinzi alla sua ultima assemblea da presidente di Confindustria rovescia la sua stessa retorica: Bruxelles bocciata, Roma promossa. Passando anche sopra all’amarezza per l’assenza di Matteo Renzi, che ha scelto di andare da Sergio Marchionne a Melfi invece che all’Expo dagli industriali. Dietro le quinte, si ipotizza una rappresaglia dopo che il numero 1 di viale dell’Astronomia aveva chiesto “di concretizzare gli annunci” fatti dal Governo. Squinzi non ha fatto trasparire nulla di tutto ciò: “Oggi non ho richieste né intendo lamentarmi con il Governo di alcunché – ha esordito Squinzi – chiedo semplicemente di non smarrire la determinazione, perché questa è la precondizione necessaria, indispensabile per cambiare il nostro Paese” spiega Squinzi. Perché il diavolo si nasconde nei dettagli, e non ci si può distrarre, specie se “la manina anti-impresa ogni tanto si esercita nelle pieghe dei provvedimenti assunti nei diversi livelli istituzionali” spiega Squinzi.
“Da noi la cultura anti-industriale è ben radicata. Batterla è la riforma più difficile che dobbiamo realizzare” racconta Squinzi raccogliendo molti applausi dagli imprenditori riuniti all’Expo. C’è una giurisprudenza “studiata e scientificamente realizzata” spiega Squinzi, che nasce “da una cultura” che “pensa ancora all’imprenditore come un nemico della collettività”, tanto che “le migliaia di norme che si sono stratificate negli anni per rendere dura la vita dell’imprenditore, hanno avuto un certo successo”. Tenendo conto di tutti questi freni persistenti, Squinzi avverte: “Ci sono segni di risveglio, accenni di crescita” ma “il crinale tra crescita e stagnazione è però assai sottile, perciò i germogli del cambiamento che si vedono vanno protetti e difesi”. Una ‘fioritura’ che Squinzi osserva “nella piccola e media impresa che si sta cambiando l’abito in corsa”, un alveo di 15mila e 20mila “che esportano, fanno innovazione e cercano finanza per crescere” e da dove “nasceranno le nuove multinazionali tascabili e i grandi campioni industriali dei prossimi decenni”. Ma gli ammiratori di questo patrimonio “sono per lo più stranieri” avverte Squinzi, rinnovando l’avvertimento al Governo a non distrarsi per non perdere questa possibilità di trasformazione del tessuto imprenditoriale.
Europa che sa solo comprare il best of Italy, e non riesce ad aiutare la ripresina nostrana. Diverse le ragioni. Innanzitutto secondo Squinzi “ad un anno dalle elezioni” da cui era arrivata “una domanda forte di politiche a favore della crescita e dell’occupazione, poco è cambiato e gli investimenti languono”, per colpa di un piano Juncker impantanato per colpa di “una dimensione ridotta, e sul cui funzionamento ci sono molti dubbi da chiarire, e che non fornisce alcuna garanzia che si attivi spesa aggiuntiva”. In Europa “la sola istituzione che agisce davvero è la Bce”, Bruxelles è quindi solo più un insieme di “simboli freddi, burocratici – spiega Squinzi – mancano anima e cuore, non mi piace”. Bocciatura che arriva a colpire anche la gestione della crisi greca, che “se affrontata al suo emergere iniziale sarebbe già risolta” ma “si è gonfiata di orgoglio e rigidità”. “Il default greco, anche senza l’uscita dalla moneta unica non aiuterebbe il rilancio dell’economia europea e la timida ripartenza italiana” spiega Squinzi. Segnali positivi che i sindacati devono stare attenti a non fiaccare: “Su un punto almeno dobbiamo trovare sintonia: rendere più conveniente il contratto a tempo indeterminato – spiega Squinzi – è una scelta di fondo che contrasta la precarietà” ed i “primi numeri sulle assunzioni confermano questa nostra opinione”. Per riuscirci, Squinzi conferma l’auspicio di un rafforzamento della contrattazione secondaria “in cui i legami fra dinamica dei salari e miglioramenti della produttività siano più forti e stringenti”. Al contratto collettivo solo il compito di “accompagnare con intelligenza questo processo, evitando che le imprese siano costrette a sommare i costi di due livelli di contrattazione”.
© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata