Sostenibilità, digitale e formazione: sono i pilastri su cui si fonda la strategia di innovazione promossa dalla Camera Nazionale della Moda Italiana che punta a un’innovazione strutturale del comparto passando attraverso questi tre temi principali. “Abbiamo bisogno che tutta la filiera e la catena della sostenibilità sia competente per trasmettere un messaggio che sia efficace e che accresca la consapevolezza del consumatore finale”, spiega a LaPresse Carlo Capasa, presidente di Camera Nazionale della Moda. Capasa è il secondo ospite di ‘Fashion with a Mission’, progetto curato da Marina Spadafora per LaPresse.
Il presidente racconta come il periodo di lockdown e di confinamento forzato in casa, con la soppressione di tutti gli eventi in presenza, abbia in realtà costituito un’importante occasione per accelerare un processo di ripensamento già in atto all’interno del settore.
“Obbligati a trovare una modalità alternativa, abbiamo dimostrato il forte potere inclusivo del digitale. Il digitale ha aperto infatti a una democratizzazione pazzesca nella moda”, continua. Circa 15 milioni di interazioni e oltre 650 milioni di utenti connessi alle varie piattaforme social: queste le proporzioni di una scommessa, di un esperimento che promette di trasformarsi in una modalità partecipativa permanente anche passata la pandemia. “Abbiamo offerto a buyers e soprattutto ai consumatori l’opportunità di sentirsi protagonisti e parte del sistema – spiega Capasa – e non escluso che anche in futuro, quando questa pandemia sarà passata, potremo continuare ad avere momenti digitali organizzati in prossimità dell’uscità delle collezioni. Sicuramente anche nel post pandemia avremo una presenza del digitale molto forte in occasione della fashion week”.
L’investimento nel digitale e nella formazione deve però procedere di pari passo con un rinnovamento della narrazione che ha accompagnato fino ad oggi la sostenibilità nella moda. “In Italia – illustra Capasa – non si è intuito abbastanza l’enorme potenziale rappresentato dallo storytelling e dalle operazioni di branding. La sostenibilità ha bisogno di essere raccontata perchè non si presti a fraintendimenti e a dinamiche di cosiddetto greenwashing”, ovvero un tipo di comunicazione che promuove un ecologismo di facciata. É importante inoltre scardinare quell’idea della “moda sostenibile” come moda che rinuncia all’estetica e a un design accattivante. Sartorialità e hand value devono fondersi con una qualità irrinunciabile del prodotto finale, la “durevolezza”. “In Cina un capo prima di essere buttato viene usato 3 volte, in Europa e Usa 7. Dobbiamo cambiare il nostro approccio all’acquisto” ribadisce Capasa che fa sapere come “il 45% delle materie prime vergine, delle 60 mila tonnellate immesse nel sistema produttivo, va distrutto”. Se un cambiamento è possibile questo non può prescindere dunque dalla rinuncia e dal disconoscimento di una logica di consumo e economia lineare.
“Per l’Italia, primo produttore di moda del lusso al mondo, la sostenibilità rappresenta una fondamentale leva competitiva che permette di consolidare la propria leadership”, si legge all’interno della sezione del sito di Camera Nazionale dedicato alle iniziative green. “Come industria della moda italiana abbiamo la responsabilità di fare da modello e da traino per tutto il sistema”, ribadisce Capasa che indica ancora sostenibilità, digitale e formazione come le tre linee di sviluppo da perseguire anche all’interno dei piani di investimento previsti dal Recovery fund.