Negativa la risposta del titolo di Unicredit che ha chiuso a -1,72%
In una seduta di avvio settimana in cui il Ftse Mib ha chiuso in rialzo dello 0,92% a 26.815 punti, livello di chiusura più alto da 13 anni a questa parte, a stare sotto i riflettori sono state le reazioni dei mercati allo stop delle trattative tra Tesoro e Unicredit sulla cessione di Mps. Negativa la risposta del titolo di Unicredit che ha chiuso a -1,72%, a 11,334 euro, dopo che ieri si è consumata la rottura ufficiale. Ma con il tonfo di Mps, la seduta per la banca guidata da Andrea Orcel era iniziata cedendo il 2,95% a 11,192 euro. In chiusura il titolo dell’istituto di credito di Siena ha lasciato sul terreno il 2,38% a 1,0465 euro.
Nel pomeriggio Mps aveva ridotto notevolmente le perdite, arretrando alle 14.07 di poco più dell’1%, a 1,058 euro, dopo che, all’inizio della sessione, era affondato di oltre il 7,5%. La sospensione al ribasso dell’azione era scattata quasi subito, all’indomani della pubblicazione della nota congiunta, con cui il Tesoro – maggiore azionista della banca senese con una quota del 64% – e UniCredit hanno comunicato il flop delle trattative sul Monte.
Osservati speciali in Borsa sono stati oggi anche i bond subordinati emessi dall’istituto, abbattuti dai sell off con perdite fino a oltre -19%. A pesare i timori per l’incubo burden sharing, per il rischio di una penalizzazione a cui gli azionisti e obbligazionisti detentori di bond subordinati verrebbero sottoposti, in mancanza di una soluzione di mercato.
Moderato rialzo invece per Banco BPM (+0,34%) che nel corso della seduta era arrivata a segnare oltre +4% sulla speculazione che Unicredit lanci un’offensiva sulla banca guidata da Giuseppe Castagna alla luce del fallimento dei negoziati per Mps.
E gli analisti si sono subito esercitati nel prefigurare i diversi possibili scenari. C’è chi parla di occasione persa per Unicredit, chi invece come Morgan Stanley vede più profittevole un’eventuale M&A di Unicredit su Banco Bpm. Filippo Diodovich, senior market strategist di IG Italia, indica per la banca senese tre possibili soluzioni: modello Stand-alone, Ricerca Nuovi Acquirenti oppure ritorno al Tavolo delle Trattative con Unicredit.
Gli analisti di Kepler, in particolare, parlano di “occasione persa”, spiegando che, inglobando il Monte, UCG “avrebbe potuto rafforzare la sua posizione competitiva in Italia, aggiungendo una quota di mercato del 3-4% al suo 11-12% e aumentando il valore dell’azione del 13%”. Ugualmente, gli esperti di Mediobanca parlano di una “occasione mancata” per la banca guidata da Andrea Orcel, in quanto “sarebbe stato bello avere la ricca dote” predisposta dal Tesoro.
In ogni caso Mediobanca si conferma “long” sul titolo UCG che, a suo avviso, sarebbe “sottovalutato” nonostante la banca “disponga di molto capitale in eccesso e un portafoglio pulito”: “Riteniamo il consensus troppo basso e quindi vediamo i risultati e il nuovo business plan come catalyst positivi”, scrivono gli analisti, in attesa della trimestrale di UniCredit, attesa giovedì 28 ottobre.
C’è chi pensa però che morto un Papa, se ne fa un altro. Per Stanley Morgan infatti “la prospettiva di una fusione con Banco Bpm riemerge, offrendo simili, se non più grandi benefici”.
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