A fare un primo punto sulla discussa misura è stato un rapporto congiunto Inps-Ufficio parlamentare di Bilancio

Come più volte sottolineato, a conti fatti l’introduzione di Quota 100 nel sistema previdenziale è stata sfruttata in misura assai inferiore alle attese. E non miglior sorte si prospetta per Quota 102, visto che a far domanda nei primi cinque mesi dell’anno sono stati solo poco più di 3.800 persone. A fare un primo punto sulla discussa misura è stato un rapporto congiunto Inps-Ufficio parlamentare di Bilancio presentato a Roma. Nel dettaglio al 31 dicembre 2021 le domande complessivamente accolte per Quota 100 nel triennio 2019-2021 sono risultate poco meno di 380.000, ampiamente al di sotto di quelle attese. E a ricorrere a Quota 100 sono stati soprattutto gli uomini. Metà delle richieste arrivano da dipendenti privati, poco più del 30% da lavoratori pubblici mentre gli autonomi sono stati circa il 20 per cento.

A fine corsa, prevista a fine 2025, ad aver usufruito di Quota 100 saranno stati poco più di 450 mila soggetti. Per quanto riguarda i costi Inps-Upb prevedono che la spesa effettiva – di consuntivo sino al 2021 e proiettata dal 2022 al 2025 – potrà attestarsi a circa 23 miliardi. Si tratta, osserva la ricerca, di un importo inferiore di circa 10 miliardi rispetto ai 33,5 originariamente stanziati e di oltre 5 miliardi se si tiene conto dei definanziamenti decisi solo pochi mesi dopo. Un andamento che spinge i sindacati a dichiarare chiusa l’era delle quote. Spiega il segretario confederale Uil Domenico Proietti: “I 10 miliardi risparmiati su Quota 100 a questo punto chiediamo che vengano usati per introdurre una maggior flessibilità di accesso al pensionamento nella prossima Legge di Bilancio”. Aggiunge Christian Ferrari, segretario confederale Cgil: “Le nostre previsioni furono da molti contestate, ma i numeri ci hanno dato inequivocabilmente ragione. Altro che riforma della Legge Fornero, ‘Quota 100’ si è rivelato un provvedimento marginale e temporaneo, che ha coinvolto solo un terzo delle persone che avevano maturato il diritto e ha lasciato inalterata la prospettiva previdenziale per la stragrande maggioranza delle lavoratrici e dei lavoratori”.

Guardando al futuro tocca al presidente Inps Pasquale Tridico mettere in campo cifre e ipotesi per superare Quota 100 e quota 102. In campo sostanzialmente tre ipotesi che hanno però impatti finanziari significativamente diversi. Secondo Tridico il passaggio a quota 41 senza tetti di età potrebbe costare fino a 18 miliardi in tre anni mentre decisamente meno onerose appaiono le ipotesi di un passaggio al regime contributivo. L’introduzione di un tetto di 64 anni di età e 35 di contributi e di calcolare la pensione interamente su base contributiva costerebbe nel triennio circa 6 miliardi. Ancora più contenuta la spesa se si prevede un’uscita a 63 con 20 anni di contributi ma calcolando l’assegno interamente su base contributiva per poi reintegrare a 67 anni la quota retributiva: il costo secondo i calcoli Inps sarebbe intorno ai tre miliardi nel prossimo triennio.

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