Nello scenario peggiore il calo potrebbe essere di ben 18 milioni. Decrescita più marcata nel mezzogiorno
La popolazione residente in Italia potrebbe calare dalle 59,2 milioni di persone dell’1 gennaio 2021 alle 57,9 nel 2030 (-1,3 milioni). Nel 2050 i residenti diventerebbero 54,2 milioni (-5mln) e fra 50 anni, nel 2070, potrebbero scendere sotto quota 50 milioni a 47,7 (-11,5 mln). L’Istat parla di “potenziale quadro di crisi” per il “futuro demografico del Paese” pubblicando le ‘Previsioni della popolazione residente e delle famiglie”. Per l’Istituto nazionale di statistica, sulla base dello scenario di previsione ‘mediano’, è attesa una decrescita della popolazione residente nel prossimo decennio, con un tasso di variazione medio annuo pari al -2,5%.
“Le previsioni demografiche sono per costruzione – specifica l’Istat – tanto più incerte quanto più ci si allontana dall’anno base. L’evoluzione della popolazione totale rispecchia tale principio già dopo pochi anni di previsione. Nel 2050 il suo intervallo di confidenza al 90% (ovvero che il suo presunto valore cada tra due estremi con probabilità pari al 90%) oscilla tra 51,1 e 57,5 milioni. Venti anni dopo si è tra 41,2 e 55,1 milioni”. “Se dal lato più favorevole – fa sapere l’Istituto guidata da Gian Carlo Blangiardo – la popolazione potrebbe subire una perdita di ‘soli’ 4,2 milioni tra il 2021 e il 2070, dall’altro si potrebbe pervenire a un calo di ben 18 milioni. Risulta pertanto pressoché certo che la popolazione andrà incontro a una diminuzione. Infatti, sebbene non sia esclusa l’eventualità che la dinamica demografica possa condurre a una popolazione nel 2070 più ampia di quella odierna, la probabilità empirica che ciò accada è minima, risultando pari all’1,0% (percentuale di casi favorevoli all’evento sul totale delle simulazioni condotte)”.
“La questione demografica – prosegue l’Istat – investe tutto il territorio, pur con differenze tra Centro-nord e Mezzogiorno. Sempre secondo lo scenario mediano, nel breve termine si prospetta nel Nord (-0,9‰ annuo fino al 2030) e nel Centro (-1,6‰) una riduzione della popolazione meno importante rispetto al Mezzogiorno (-5,3%). Nel periodo intermedio (2030-2050), e ancor più nel lungo termine (2050-2070), tale tendenza si rafforza, con un calo di popolazione in tutte le ripartizioni geografiche ma con più forza in quella meridionale. Nel Nord, in genere meno sfavorito, la riduzione media annua sarebbe dell’1,4‰ nel 2030-2050 e del 4,2‰ nel 2050-2070, contro -6,8 e -10,1‰ nel Mezzogiorno”. “Anche l’evoluzione della popolazione nelle ripartizioni geografiche è contrassegnata da incertezza – conclude l’Istituto -. Per il Nord è difficile individuare la direzione del cambiamento demografico, se orientato alla crescita, come indicato dal limite superiore dell’intervallo di confidenza al 2070 (28,3 milioni), oppure alla decrescita, guardando all’inferiore (20,8). La sua popolazione finale, quindi, ricade tra due valori rispettivamente al di sotto e al di sopra di quello nell’anno base, per quanto lo scenario mediano (24,4 milioni) indichi come più probabile una sua diminuzione. Centro e Mezzogiorno presentano, invece, ipotesi al 2070 i cui valori massimi previsti (11,3 e 15,4 milioni) sono inferiori a quelli delle rispettive popolazioni iniziali”.
Istat: età media cresce, si avvicina a 46 anni
In Italia si assiste a una “fase accentuata e prolungata di invecchiamento” con la popolazione over 65 che rappresenta il 23,5% del totale e un’età (contro il 12,9% degli under 14 e il 63,6% della popolazione nella fascia 15-64 anni) e un età media che si è avvicinata a 46 anni. È quanto emerge dalle ‘Previsioni della popolazione residente e delle famiglie” elaborate dall’Istat con base all’1 gennaio 2021. Entro il 2050 – scrive l’Istituto Nazionale di Statistica – le persone di 65 anni e più potrebbero rappresentare il 34,9% del totale secondo lo scenario mediano, mentre l’intervallo di confidenza al 90% presenta un campo di variazione compreso tra un minimo del 33% a un massimo del 36,7%. Comunque vadano le cose, l’impatto sulle politiche di protezione sociale sarà importante, dovendo fronteggiare i fabbisogni di una quota crescente di anziani.
I giovani fino a 14 anni di età, sebbene nello scenario mediano si preveda una fecondità in recupero – è la stima Istat – potrebbero rappresentare entro il 2050 l’11,7% del totale, registrando quindi una lieve flessione. Sul piano dei rapporti intergenerazionali, tuttavia, si presenterebbe il tema di un rapporto a quel punto squilibrato tra ultrasessantacinquenni e ragazzi, in misura di circa tre a uno. Nel frattempo – prosegue l’istituto di via Balbo – a contribuire alla crescita assoluta e relativa della popolazione anziana concorrerà soprattutto il transito delle folte generazioni degli anni del baby boom (nati negli anni ’60 e prima metà dei ’70) tra le età adulte e senili, con concomitante e repentina riduzione della popolazione in età lavorativa. Nei prossimi trent’anni, infatti, la popolazione di 15-64 anni scenderebbe dal 63,6% (37,7 milioni) al 53,4% (28,9 milioni) in base allo scenario mediano, con una forchetta potenziale compresa tra il 52% e il 54,8%. Come per la popolazione anziana, quindi, anche qui si prospetta un quadro evolutivo certo, con potenziali effetti sul mercato del lavoro, sulla programmazione economica, sul mantenimento del livello di welfare necessario al Paese. Un parziale riequilibrio nella struttura della popolazione – nota l’Istat – potrebbe rivelarsi solo nel lungo termine, via via che le generazioni nate negli anni del baby boom tenderanno a estinguersi. In base allo scenario mediano, i 15-64enni potrebbero riportarsi al 54,3% entro il 2070 mentre gli ultrasessantacinquenni ridiscendere al 34,1%. Stabile, invece, la popolazione giovanile con un livello dell’11,6%.
Tra le potenziali trasformazioni demografiche – conclude l’Istituto guidato da Gian Carlo Blangiardo – va evidenziato il marcato processo di invecchiamento del Mezzogiorno. Per quanto tale ripartizione geografica presenti ancora oggi un profilo per età più giovane, l’età media dei suoi residenti transita da 45 anni nel 2021 a 49,9 anni nel 2040 (scenario mediano), sopravanzando il Nord che raggiunge un’età media di 49,2 anni, partendo nell’anno base da un livello più alto, ossia 46,4 anni. Guardando alle prospettive di lungo termine, il Mezzogiorno rallenterebbe ma non fermerebbe il suo percorso, raggiungendo un’età media della popolazione prossima ai 52 anni. A quel punto, invece, sia il Nord (49,7 anni) sia il Centro (51,1) avrebbero già avviato il percorso contrario, ossia quello verso una struttura per età in piccola parte ringiovanita.
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