La bozza di riforma allo studio, Tridico: "Errore toglierlo a chi non trova lavoro"

Reddito di cittadinanza verso la soffitta per lasciar posto alla Mia, la ‘Misura di inclusione attiva’ con cui l’esecutivo Meloni vorrebbe superare – come del resto indicato nella legge di bilancio – la tanto criticata misura introdotta ai tempi del governo gialloverde. Al momento si tratta di bozze di lavoro del ministero competente, quello guidato dalla ministra Elvira Calderone: testi tutt’altro che definiti, viene spiegato, ancora in forma embrionale ma non per questo distanti dal lavoro che si sta facendo. Ma che certo deve ancora essere condiviso e concordato con il resto del Consiglio dei ministri. Non è un caso che il Mef abbia fatto sapere che “nessuna bozza sulla riforma del reddito è all’esame degli uffici, né mai è pervenuta la relazione tecnica indispensabile per qualsiasi valutazione”.

I documenti di lavoro su cui al momento si lavora parlano di un assegno da 375 a 600 euro che, probabilmente dal primo settembre, sarà destinato a due platee in cui vengono separati i potenziali beneficiari: la prima è quella delle famiglie a basso reddito dove ci sono over 60, minori o disabili, la seconda è quella in cui risiedono uno o più soggetti occupabili dai 18 ai 60 anni. Per i primi, l’assegno massimo, con un tetto Isee fino a 7.200 euro, varrà 500 euro per al massimo 18 mesi. Per i secondi si parla di 375 euro per un anno, e perdita del beneficio con un solo rifiuto di un’offerta di lavoro congrua. E scaduti i termini? Per le famiglie senza occupabili, dopo un mese di pausa, si potrà riottenere la Mia per altri 12 mesi. Se invece nel nucleo famigliare ci sono degli occupabili, dopo un mese di pausa, si potrà ottenere l’assegno ancora per sei mesi, dopodiché verrà imposto uno stop di 18 mesi prima di poter fare ancora richiesta. La domanda andrà presentata in via telematica all’Inps che, dopo una serie di controlli incrociati, darà il via al pagamento degli assegni: i nuclei familiari senza occupabili verranno ‘presi in carico’ dai comuni che dovranno attivare percorsi di inclusione sociale, mentre chi può lavorare dovrà sottoscrivere il ‘patto’ che prevede il coinvolgimento di centri pubblici per l’impiego e agenzie private.

“Il Mia nasce dalla volontà di risolvere il tema delle politiche attive e di spostare quello che oggi è un sussidio sul tema della politica attiva. Quindi, ovviamente, non è una retromarcia”, ha spiegato il sottosegretario al Mef, Federico Freni. Più dubbioso il presidente Inps, Pasquale Tridico, secondo cui “Per i cosiddetti non occupabili cambia poco, il reddito di cittadinanza si conferma essere fondamentale come contrasto alla povertà. C’era da fare un lavoro sulle politiche attive, su tutto ciò che c’è attorno alla misura e questo mi sembra che vada nella giusta direzione. Noi abbiamo tanti inattivi e abbiamo progetti di inclusione che spesso non vengono svolti da Comuni e centri per l’impiego, qui mi sembra che ci sia una spinta molto forte in questa direzione”. E ricorda che “l’Italia dovrà fare i conti con le direttive della Commissione Europea sul reddito minimo, consentire a coloro che pur non trovando il lavoro perdono il reddito. Mi sembra effettivamente una grande criticità”. La riforma non convince la Uil: “Il Reddito di Cittadinanza è stato e deve continuare ad essere uno strumento fondamentale di contrasto alla povertà. Le ipotesi del nuovo strumento ‘Mia’, circolate in queste ore, non corrispondono a questa esigenza. Per la UIL è necessario invece rimuovere tutti i vincoli che hanno impedito a tante persone di poterlo utilizzare”, osserva il segretario confederale Uil Domenico Proietti. 

© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata