Parla a LaPresse l'ex amministratore delegato di Sip prima e di Tim dopo, che ha guidato attraverso un importante percorso di sviluppo internazionale negli anni'90
La vicenda della separazione della rete da Tim “è un’odissea. Di ‘rete unica’ si è parlato per molto tempo, Ma lo sviluppo della Rete ancora balbetta. L’attuale governo dovrebbe avere il coraggio e l’orgoglio di porre termine a questa odissea societaria”. Lo dice a LaPresse Vito Gamberale, ex amministratore delegato di Sip prima e di Tim dopo, che ha guidato attraverso un importante percorso di sviluppo internazionale negli anni’90. Gamberale è stato anche amministratore delegato di Autostrade e ricopre attualmente l’incarico di presidente di Iterchimica e di Iter capital partners. Per Gamberale portare l’infrastruttura della Rete fuori da Tim, cioè fuori dalla società telefonica ex monopolista, definita ‘incumbent’, non è la soluzione. Insomma, per l’ex manager Telecom si può immaginare una contabilità industriale separata, una societarizzazione (come già è). Ma la proprietà della Rete dovrebbe restare del gruppo Tim. Quella cui si riferisce Gamberale è una ‘odissea’ lunga 25 anni, in cui governi di differente colore politico “si sono sempre disinteressati di ciò che avveniva in Telecom Italia (oggi TIM), sia a livello dei numerosi cambi proprietari (spesso rocamboleschi e negativi), sia come effettivo sviluppo della rete in fibra, per avere connessioni veloci, in linea con i tempi”. È così dal 1997, da quando il gruppo telefonico Telecom Italia fu privatizzato, “preferendo il ‘nocciolino’ rispetto ad una permanenza dello Stato e a una parallela maggiore diffusione”.
Ma come si spiega in Italia questo nulla di fatto sulla Rete unica dopo un quarto di secolo? “Perché – dice Gamberale a LaPresse – il tema non è mai assurto a un progetto industriale sano. Oggi, la separazione è vista come una operazione che tende a separare il cervello, ossia la rete, dal servizio. Ma la rete scissa dai servizi è come togliere il cervello a un corpo. E poi la separazione della rete darebbe grossi problemi di efficacia del servizio anche agli altri numerosi operatori presenti in Italia, non solo a Tim”. Per Gamberale, invece, “bisognerebbe riassettare societariamente Telecom. E riassettare il settore, che vede numerosi operatori, molti impropri come numero e come profilo”.
Gli attuali vertici di Tim stanno portando avanti lo scorporo e vendita della Rete. “Significa però – è la sottolineatura di Gamberale -‘fare a fette’ l’incumbent italiano, cioè Tim, e vendere gli asset. Questa realizzazione della Rete è stata propagandata come un atto fideistico, all’insegna del ‘creiamo valore per gli azionisti’, più che posta come una scelta dal punto di vista industriale”. “L’Italia – continua Gamberale – in Europa è l’unico Paese che nell’azionariato del proprio incumbent non ha una presenza attiva pubblica”. La presenza di Cdp in Telecom, di cui è socia alla soglia del 10%, “risulta silente”. “Negli altri Paesi invece lo Stato ha una presenza diversa – fa notare Gamberale -. In Francia lo Stato oggi in Orange è presente al 30% direttamente. Altrettanto avviene in Germania e anche in Spagna, attraverso le istituzioni finanziarie locali, a carattere Istituzionale”. L’ex manager di Telecom fa notare che fino a oggi nelle telecomunicazioni nei vari Paesi c’è un ‘incumbent’ integrato”, che mantiene cioè la proprietà della rete per le telecomunicazioni.
“La separazione della Rete e la vendita – evidenzia Gamberale con LaPresse – è una cosa che è stata fatta in Islanda e Danimarca, Paesi con una superficie e una popolazione ridotta, ma non è stata mai in discussione in nessun grande Stato”. Gamberale non fa sconti. “Tutti gli esecutivi si sono girati dall’altra parte“. E parla anche dei privati. Il fondo statunitense KKr è presente in Fibercop e l’australiano Macquarie in Open Fiber. “In nessun Paese al mondo – fa notare Gamberale – ci sono fondi che hanno una partecipazione così massiva alla proprietà dell’ incumbent. Fondi che hanno esigenze di alto e certo rendimento, e dei quali non sono note le tutele riconosciutegli nei patti parasociali, mai resi pubblici”. Per Gamberale la soluzione sarebbe quindi che lo Stato facesse un atto di “coraggio recuperando il controllo dell’incumbent (cioè Tim), facendo un’ opera di riassetto”. In Italia – dice – la rete ha già una separazione funzionale con un conto economico apposito”. “Questo governo – conclude Gamberale con LaPresse – ha di fronte uno snodo: recuperare tutto ciò che non è stato fatto in oltre 20 anni oppure permettere un assalto definitivo, perdendo una presenza organica nelle tlc, come avvenuto nell’ elettronica, nel nucleare, nella siderurgia e in altri settori, dove servirebbe invece una visione dello Stato che ne contempli una sua presenza importante nelle grandi aziende strategiche, come è per Eni, Enel, Leonardo“.
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