Lunedì nero ieri per le Borse ma probabilmente non ci sarà rischio contagio, dicono gli analisti

Il collasso della Silicon Valley bank continua a spaventare i mercati: da Piazza Affari a Francoforte, passando per Londra e Parigi, tutti gli indici hanno vissuto una giornata nera, su cui aleggia lo spettro di Lehman Brothers. Ma sul punto gli esperti sono tutti d’accordo e rassicurano: non ci sarà un bis del 2008. Resta però un problema, e cioè la politica delle banche centrali sull’aumento dei tassi di interesse. Sospendere il ciclo di rialzi sembra l’ipotesi più pausibile, ma significherebbe tirare il freno sulla lotta all’inflazione. Lo scenario quindi non è catastrofico, ma resta comunque incerto.

Se sul fronte Usa Goldman Sachs ritiene infatti che nel meeting di marzo della Fed non si procederà ad un nuovo aumento, sul fronte europeo potrebbe succedere una cosa simile. “La Bce aveva annunciato un aumento di mezzo punto dei tassi, ora non so se andranno avanti. Il sistema sta rivelando che all’aumento dei tassi d’interesse alcune parti del sistema stesso vanno in difficoltà”, ha osservato Carlo Cottarelli, economista e senatore dem. “Ricordiamoci – ha sottolineato – che la crisi del 2008-09 era proprio stata causata dall’aumento dei tassi di interesse, più brusco di quello di oggi e soprattutto in presenza di un’inflazione molto più bassa di quella che c’è adesso”. Quindi i tassi rallenteranno? “Non lo so”, ha detto Cottareli, ma se la Bce frena “vorrà dire che ci teniamo l’inflazione per un po’ più di tempo”.

Rispetto al 2008, il sistema bancario americano “è molto più solido ed ha anche piu liquidità. Le riserve bancarie americane ora stanno a 3mila miliardi di euro, nel 2019, prima del covid, stavano a 2mila miliardi”, ha spiegato Giampaolo Galli, direttore dell’Osservatorio Conti pubblici dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, puntualizzando che però, a livello globale, rimane il nodo di un indebitamento molto alto, che non reagisce bene ad aumenti di tassi “precipitosi”, dovuti al ‘ritardo’ accumulato dalle banche centrali nel contrasto all’inflazione.Anche sul ‘pericolo’ dell’effetto domino in Europa, gli esperti non sembrano nutrire gli stessi timori dei mercati. Il crollo di Svb deriva “da una cattiva gestione della liquidità, resa possibile dal trattamento contabile favorevole dei titoli di cui godono le banche più piccole negli Stati Uniti”, sostengono gli esperti di Algebris Investments, facendo notare che, al contrario, “le grandi banche statunitensi non presentano nessuna di queste caratteristiche”. Inoltre, ha puntualizzato Fausto Artoni, cofondatore e presidente di IMPact Sgr, società di asset management, specializzata in strategie di listed impact investing, “non bisogna dimenticare che la situazione in Europa è diversa da quella negli Usa per un aspetto di regolamentazione. Il contagio su tutte le banche quotate anche in Europa è comprensibile da un certo punto di vista, ma razionalmente no, perché il grado di regolamentazione nel vecchio continente è nettamente più elevato rispetto alle banche americane”.

© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata