La Corte chiede tempestività nell'erogazione dei trattamenti di fine servizio
Il differimento della corresponsione dei trattamenti di fine servizio (Tfs) spettanti ai dipendenti pubblici cessati dall’impiego per raggiunti limiti di età o di servizio contrasta con il principio costituzionale della giusta retribuzione, di cui tali prestazioni costituiscono una componente; principio che si sostanzia non solo nella congruità dell’ammontare corrisposto, ma anche nella tempestività della erogazione. È quanto si legge in una nota della Consulta.
“Si tratta di un emolumento volto a sopperire alle peculiari esigenze del lavoratore in una particolare e più vulnerabile stagione della esistenza umana – prosegue la nota – Spetta al legislatore, avuto riguardo al rilevante impatto finanziario che il superamento del differimento comporta, individuare i mezzi e le modalità di attuazione di un intervento riformatore che tenga conto anche degli impegni assunti nell’ambito della precedente programmazione economico-finanziaria”, si legge nella sentenza n.130 (redattrice la giudice Maria Rosaria San Giorgio), con cui sono state dichiarate inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 2, del decreto-legge n. 79 del 1997, come convertito, e dell’art. 12, comma 7, del d.l. n. 78 del 2010, come convertito, che prevedono rispettivamente il differimento e la rateizzazione delle prestazioni. Le questioni erano state sollevate dal Tribunale amministrativo per il Lazio, sezione terza quater, in riferimento all’art. 36 Cost.
La Corte chiarisce che “la discrezionalità del legislatore al riguardo non è temporalmente illimitata. E non sarebbe tollerabile l’eccessivo protrarsi dell’inerzia legislativa, tenuto anche conto che la Corte aveva già rivolto al legislatore, con la sentenza n.159 del 2019, un monito con il quale si segnalava la problematicità della normativa in esame”. La Corte rileva inoltre che “la disciplina del pagamento rateale delle indennità di fine servizio prevede temperamenti a favore dei beneficiari dei trattamenti meno elevati“. Comunque, conclude, “tale normativa – che era connessa a esigenze contingenti di consolidamento dei conti pubblici – in quanto combinata con il differimento della prestazione, finisce per aggravare il rilevato vulnus”.
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