Il ministero delle Imprese e del made in Italy però non la pensa allo stesso modo; anzi rilancia, facendo presente che il nostro Paese fa meglio di altri in Europa
Volano i prezzi della benzina. Ormai fermi sopra i due euro al litro. Con punte stellari, tipo il caso della stazione di Villoresi ovest sull’autostrada A8. E, di fronte a questo scenario, benzinai e consumatori chiedono di tornare a riflettere sul taglio delle accise. Il ministero delle Imprese e del made in Italy però non la pensa allo stesso modo; anzi rilancia, facendo presente che il nostro Paese fa meglio di altri in Europa. Nel frattempo la guardia di finanza intensifica i controlli sui prezzi. Dal primo agosto sono stati 1.230 gli interventi eseguiti e 789 le violazioni contestate.
La polemica politica prende piede. A spingere sull’acceleratore il Partito democratico commentando – direttamente dall’account ufficiale su twitter – i rincari dei carburanti: “Boom dei prezzi, governo immobile. La benzina tocca il massimo. Prezzi della benzina e del cibo alle stelle, nessuna soluzione. Meloni sosteneva di voler tagliare le accise e aiutare gli italiani, ma le sue restano promesse mancate e slogan. La ricetta della destra per i problemi del Paese: arrangiatevi“.
Sulla questione rientrano, di nuovo, i benzinai: “Sono 16 giorni di aumenti quotidiani in barba al cartello dei prezzi medi – osserva la Fegica, la Federazione italiana gestori carburanti e affini – è ora che il governo rifletta seriamente sulle accise”. Secondo i gestori “il cartello dei prezzi medi, imposto ai distributori dal governo, nulla ha potuto, né ha mai avuto alcuna possibilità di farlo, contro gli aumenti dei prezzi dovuti ai valori in ascesa dei mercati internazionali dei prodotti”. Al contrario “si può cominciare ad intravedere il concretizzarsi di quel pericolo di cui l’Antitrust aveva a più riprese informato il governo: l’esposizione dei prezzi medi non è solo inutile, ma rischia di essere controproducente”.
Non ci stanno i consumatori. Il presidente di Assoutenti Furio Truzzi chiede “un’analisi seria sul prezzo raffinato, quindi di aprire un’indagine e usare la leva delle accise per contenere gli aumenti. Si dovrebbe tornare con urgenza a una riduzione delle accise”. La pensa allo stesso modo la Fegica: “C’è bisogno di interventi seri sia in prospettiva, con una riforma strutturale del settore, sia nell’immediato. È arrivato il momento che il governo abbandoni slogan e giustificazioni poco credibili e prenda seriamente in esame l’ipotesi di mettere le mani sulla tassazione dei carburanti“. Intanto il Codacons annuncia per i prossimi giorni un esposto a 104 procure della Repubblica di tutta Italia e ai comandi regionali della guardia di finanza.
Ma, per il ministero guidato da Adolfo Urso, sui prezzi dei carburanti è “falso quanto affermano alcuni esponenti politici che il prezzo di benzina e gasolio sia fuori controllo, anzi è vero il contrario: l’Italia ha fatto meglio di altri Paesi in Europa; il prezzo industriale della benzina, depurato dalle accise, è inferiore rispetto ad altri Paesi europei, come Francia, Spagna e Germania”. Inoltre il ministero difende anche il ‘cartellone’ dei prezzi: “Si nota un rallentamento del trend degli aumenti, a dimostrazione di come sia stata efficace in questi mesi l’azione del monitoraggio del Mimit e, a partire dal mese di agosto, lo strumento dell’esposizione del prezzo medio regionale che consente ai consumatori di scegliere dove rifornirsi, in trasparenza e consapevolezza”.
Intanto la vicenda della benzina in self service a oltre 2,7 euro al litro (come il gasolio premium) ha avuto ampio spazio, soprattutto perché – secondo Truzzi – “significa che il distributore in questione applica prezzi più alti del 35% rispetto alla media autostradale”.
E se i prezzi non sono cambiati a Villoresi ovest, si dovrebbe esser riusciti almeno a capire il perché: alla base – viene spiegato da fonti qualificate – sembra ci siano “motivazioni specifiche” legate a vecchie ruggini tra gestore e compagnia; tanto che si sarebbe giunti a “un contenzioso legale” che comporterebbe l’imposizione di “un prezzo di acquisto punitivo” per il gestore, cosa che poi si ripercuote sul prezzo al pubblico.
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