Amazon, rivoluzione col fisco: Iva e fatture dall’Italia e non dal Lussemburgo

La svolta dal primo agosto 2024

Rivoluzione di Amazon nei rapporti con il fisco italiano e il calcolo dell’Iva. Che sia una conseguenza o meno delle indagini aperte dalla magistratura per frode fiscale, al momento, non è dato saperlo. Ma il colosso fondato da Jeff Bezos ha annunciato che dall’1 agosto 2024 tutti i servizi di vendita e logistica (più altri come lo stoccaggio, spedizioni), offerti fino ad oggi dalla società di diritto lussemburghese Amazon Services Europe sarl titolare del marchio Amazon.it, passeranno in blocco a un’altra società lussemburghese (Amazon EU sarl) e saranno fatturati “dalla filiale del paese” in cui si trova l’attività dei venditori

Applicando “il regime fiscale di quel paese” si legge nella comunicazione a oggetto ‘Contratti Amazon UE/UK e trattamento IVA: aggiornamento importante’, recapitata nelle scorse settimane ai titolari di partita Iva utilizzatori dei servizi Amazon. Quindi, per l’Italia, il 22%. “Se la tua attività è registrata” in Germania, Francia, Italia, Spagna, Regno Unito, Paesi Bassi, Polonia, Belgio o Svezia – cioè le nazioni che fanno parte del ‘Programma Paneuropeo’ di Amazon e base dei marketplace – “riceverai le fatture dalla filiale del paese in cui si trova la tua sede“. “Si applicherà il regime fiscale di quel paese – aggiunge la multinazionale – e l’Iva verrà detratta dalle tariffe e commissioni corrisposte ad Amazon”.

La mossa arriva in concomitanza con il disvelamento della doppia inchiesta della Procura di Milano sul colosso della logistica fondato da Jeff Bezos: quella assegnata ai pubblici ministeri Paolo Storari e Valentina Mondovì per frode fiscale sull’utilizzo di fatture false per schermare somministrazioni di manodopera, che ha portato al sequestro preventivo d’urgenza da 121 milioni di euro, e quella del sostituto procuratore Elio Ramondini con la guardia di finanza di Monza. In questo secondo fascicolo una delle società del gruppo Amazon è indagata per la legge sulla responsabilità amministrativa degli enti in base alle contestazioni di dichiarazione infedele ed omessa dichiarazione.

Gli investigatori stanno tentando di ricostruire l’intero modello di business su cui si regge la logistica delle merci del colosso fondato nel 1999 per verificare se la circolazione dei beni – quali, come, dove e quanti, le domande a cui cercano di rispondere – sia conforme ai regimi fiscali e doganali vigenti. In particolare è all’attenzione degli inquirenti il periodo che va dal 2019 al 30 giugno 2021, data in cui l’Italia ha adottato la direttiva Ue 2017/2455 sull’imposta sul valore aggiunto per le prestazioni di servizi e le vendite a distanza di beni di attuazione.

Nel biennio precedente era in vigore il decreto legge 34/2019 che ha introdotto specifici obblighi fiscali per la ‘vendita di beni tramite piattaforme digitali’ a cui devono attenersi i ‘soggetti passivi’ che facilitano “le vendite a distanza di beni all’interno dell’Unione europea” tramite “interfaccia elettronica”. Secondo la norma il “soggetto passivo”, facilitatore delle vendite attraverso “piattaforme” e “mercati virtuali”, è “considerato debitore d’imposta” per le “vendite a distanza” di cui “non ha trasmesso”, o ha “trasmesso in modo incompleto”, una serie di dati sui fornitori. Fra questi, in particolare, il numero totale delle unità vendute in Italia, l’ammontare complessivo dei prezzi di vendita o il prezzo medio di vendita.