Dovranno versare somme maggiori rispetto a quelle effettivamente dovute, e la differenza verrebbe restituita solo nel 2026

Il segretario confederale della Cgil, Christian Ferrari, e la presidentessa del Consorzio nazionale Caaf Cgil, Monica Iviglia, lanciano l’allarme in vista dell’inizio della stagione delle dichiarazioni dei redditi Irpef. “A seguito alle disposizioni del D.Lgs. n. 216/2023 ‘Primo modulo di riforma dell’Irpef’, ci sarà una ricaduta importante sugli acconti Irpef e Acconto Addizionale Comunale 2025, quindi con la dichiarazione dei redditi che si presenterà nelle prossime settimane e nei prossimi mesi”, spiegano. Il problema deriva dal fatto che, nel provvedimento citato, si prevede che gli acconti per il 2025 e 2026 siano calcolati usando il vecchio sistema di aliquote a quattro scaglioni, producendo quindi cifre superiori a quelle derivanti dall’applicazione delle attuali aliquote. “L’art. 1, comma 4 del D.Lgs. n. 216/2023 ha stabilito che, per l’anno d’imposta 2024, al fine di determinare gli acconti Irpef 2025 e 2026 relativi ai periodi d’imposta 2024 e 2025 si assume, quale imposta del periodo precedente, quella determinata secondo gli scaglioni e le aliquote Irpef (23%, 25%, 35% e 43%) e la detrazione per redditi di lavoro dipendente vigenti al 31 dicembre 2023 (€ 1.880). Aliquote non più in vigore e nettamente superiori alle attuali“, spiegano i dirigenti. Questo significa che i lavoratori dipendenti dovranno versare una somma maggiore rispetto a quella dovuta secondo le nuove aliquote, con la differenza che verrebbe restituita solo con la dichiarazione del 2026

Cgil: “Disposizione su acconto Irpef vessazione per i lavoratori dipendenti”

“Questa disposizione che riguarda esclusivamente i lavoratori dipendenti, ha la seguente ricaduta: un lavoratore che nel 2024 ha percepito solo redditi di lavoro dipendente con CU correttamente conguagliata e oneri sostenuti nel 2024, dovrà versare addirittura l’acconto Irpef 2025, anche se dalla liquidazione della dichiarazione tale importo non sarebbe dovuto se si applicassero le aliquote e gli scaglioni 2024. In uno dei casi che abbiamo esaminato, una dichiarazione 2025 con un rimborso di 165 euro, a seguito di questo ricalcolo viene determinato un acconto di 95 euro, che verrà restituito con la dichiarazione del 2026, qualora la situazione di questo lavoratore non dovesse subire modifiche; di fatto un importo non dovuto. Ma a prescindere da questo, anche un soggetto esonerato dalla presentazione della dichiarazione, con un reddito da lavoro dipendente superiore a 8.500 euro (no tax area), presentando il 730 dovrà pagare un acconto Irpef 2025. E spesso la dichiarazione non è un’opzione, ma una necessità, per esempio se si intende chiedere un mutuo per acquistare una casa”, proseguono Ferrari e Iviglia. “Chiediamo al Governo – concludono – di rimediare immediatamente a questa clamorosa ingiustizia. Va utilizzato il primo veicolo legislativo a disposizione. Siamo ormai di fronte a una situazione intollerabile: gli unici che pagano per intero le imposte, vengono penalizzati anziché essere sostenuti. Con la norma in questione lo Stato fa cassa con anticipi non dovuti: fanno dunque credere di abbassare le tasse e poi ricalcolano gli importi con quelle precedenti. È arrivato il momento di dire basta, non si può continuare a vessare chi vive di salario”.

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