Giovedì la premier volerà a Washington

Una missione per rafforzare i rapporti bilaterali, certo, ma soprattutto per provare a mettere finalmente in atto quella strategia da ‘pontiera’ che ha contraddistinto il suo posizionamento dal ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca. Giorgia Meloni è pronta a volare a Washington per un viaggio finalizzato anche a spingere l’amministrazione americana ad intraprendere la strada dell’azzeramento dei dazi. L’obiettivo, come rimarca il vicepremier Antonio Tajani impegnato ad Osaka per l’Expo 2025, è quindi quello di “creare un grande mercato euro-americano di libero scambio”. La presidente del Consiglio ne parlerà giovedì nello Studio Ovale con ‘The Donald’, e 24 ore dopo, appena rientrata in Italia, ne discuterà a palazzo Chigi col vice del tycoon, JD Vance. Insomma, una due giorni decisiva e delicatissima per la leader di FdI che non vuole “giocare una partita italiana”, ribadisce il ministro degli Esteri, ma che punta comunque a sfruttare al massimo il ‘time out’ deciso da Trump con la sospensione di 90 giorni alle tariffe.

Meloni si gioca la carta dell’aumento delle spese per la difesa

Anche per questo, Meloni ha intenzione di giocarsi un’altra carta, quella dell’aumento delle spese per la difesa. E l’annuncio di voler arrivare al 2% del Pil potrebbe arrivare proprio in occasione del viaggio oltreoceano. “Un segno della volontà italiana di rafforzare il pilastro europeo della Nato” per Tajani, secondo il quale sul fronte dazi “la situazione sta lentamente migliorando” e quindi non bisogna commettere il “clamoroso errore di dire ‘adesso parlo con la Cina per fare un dispetto agli americani’. Gli Stati Uniti sono un nostro alleato tradizionale, possiamo avere dei momenti di attrito, e i dazi sono stati un errore, ma non possiamo pensare di barattare l’amicizia con gli Usa con la Cina per fare un dispetto agli Stati Uniti”. Il titolare della Farnesina rispedisce poi al mittente la proposta avanzata da Matteo Renzi che aveva ‘suggerito’ all’Ue di affidarsi a Mario Draghi nella trattativa con Trump”. “Per parlare con gli Stati Uniti non abbiamo bisogno di inviati speciali – taglia corto Tajani – Chi tratta con i governi è il presidente del Consiglio”. “Io sono abbastanza tranquillo – è quindi la posizione del ministro – L’obiettivo è quello di impedire una guerra tariffaria, di calmare le acque e fare in modo che si possano cogliere tutte le opportunità”.

Giorgetti: “Dobbiamo trovare una sintesi, un compromesso corretto”

La calma trasmessa da Tajani in Giappone non è però la stessa che mostra il collega del Mef, Giancarlo Giorgetti, in collegamento con la scuola politica della Lega. “Le cose sono complesse, ci sarà il viaggio di Meloni, io sarò negli Stati Uniti la settimana successiva e incontrerò il segretario del Tesoro. È chiaro che il negoziato non è semplice perché gli interessi in qualche modo ognuno cerca di farli a casa propria – ricorda il ministro dell’Economia – Dobbiamo trovare una sintesi, un compromesso corretto“. “Lo sforzo che l’Italia sta facendo di tenere forte il legame con gli Stati Uniti – sottolinea – è uno sforzo strategico e politico fondamentale, anche per l’Europa”. “Il punto di partenza è sicuramente quello dei dazi”, conclude quindi Giorgetti ricordando però che c’è anche “una questione aperta sulla tassazione internazionale. Abbiamo l’ambizione di creare la global minimum tax internazionale, che l’amministrazione Trump ha messo nel cassetto, e poi dobbiamo cercare di gestire e decidere la tassazione sul web che in Italia è già partita e questo è sicuramente un altro aspetto importante”.

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