La filosofa e saggista è in tour nel nostro Paese per presentare il suo 'Piccolo manuale antirazzista e femminista' e 'Il luogo della parola', editi da Capovolte: "Con Bolsonaro situazione difficile sui diritti"
Unite nelle lotte, unite nelle politiche di contrasto a razzismo e sessismo. È il messaggio che lancia l’attivista femminista brasiliana e afrodiscendente, saggista e filosofa, Djamila Ribeiro, in Italia per la presentazione dei libri ‘Piccolo manuale antirazzista e femminista’ e ‘Il luogo della parola’, editi da Capovolte. “Come donna nera per me è impossibile sapere quale oppressione sia peggiore, il razzismo o il sessismo? Viaggiano insieme, non posso scegliere. Ecco perché anche un governo non dovrebbe scegliere se affrontare solo una questione o l’altra”, spiega, intervistata da LaPresse. E aggiunge: in Italia la strada per contrastare il razzismo “è ancora molto lunga”.
Ribeiro scrive regolarmente su uno dei principali giornali brasiliani, ha una Ong, pubblica libri, lavora nel mondo accademico e ha un milione e duecentomila follower su Instagram. Nel 2019 è stata inserita dalla Bbc nella lista delle 100 donne più influenti al mondo. Il suo tour è partito da Milano, dove l’11 aprile era alla Casa della Memoria, e prosegue con incontri oggi a Bologna, il 15 a Firenze, il 18 a Napoli e infine il 20 a Roma. Ribeiro parla di lotte sociali, di diritti negati e dunque, inevitabilmente, anche di politica: “Sotto l’amministrazione Bolsonaro c’è stato un periodo molto molto difficile in termini di diritti umani in Brasile. Per le donne, i neri, le popolazioni indigene. Con Lula c’è una situazione di speranza” ma dobbiamo “spingere di più”, racconta.
“Nell’edizione brasiliana il nome del mio manuale è solo ‘Piccolo manuale antirazzista’. In Francia e Italia l’editore ha deciso di aggiungere ‘femminista’. Sono una femminista nera e crediamo sia importante connettere le due lotte”, spiega Ribeiro. “Dobbiamo pensare in modo intersezionale. Le donne bianche a volte combattono il sessismo ma non il razzismo, non pensano a come anche loro possano essere razziste”. Vale per chi combatte ma anche per chi sta al potere: “Dobbiamo sapere che ci sono diverse possibilità di essere donne e fare delle politiche adeguate a tutte, se non pensiamo alle intersezioni significa che scegliamo quali vite sono più importanti delle altre”.
In Brasile la situazione dei diritti sociali era “molto difficile” con Bolsonaro, che “ha tolto budget a diverse politiche pubbliche”, spiega. “L’amministrazione Lula è insediata da poco – aggiunge – ma sicuramente c’è speranza. Ci sono in programma politiche per assumere persone afrodiscendenti nelle istituzioni, ad esempio. Abbiamo politiche per combattere la violenza domestica. Ci sono nuove politiche per i diritti delle persone Lgbtq+”. Ribeiro, però, si dice anche “critica”, per spingere l’amministrazione Lula a fare di più: “Deve essere più efficace nelle politiche, in Brasile la violenza contro le donne è elevata, è il quinto Paese per femminicidi. La situazione è molto molto difficile”, racconta.
Per promuovere il cambiamento, Ribeiro usa la sua voce ormai diventata celebre nel Paese. “Pubblico autori e autrici afrodiscendenti, soprattutto donne, perché è importante rendere visibile il lavoro di altri e altre intellettuali che portano differenti prospettive nel dibattito pubblico. Uso la mia voce e la mia visibilità anche per rendere visibile il lavoro di altri”, racconta. “Cerco però anche di essere vicina alle donne delle fasce più povere della popolazione. Oggi ho successo ma arrivo dai movimenti sociali, non lo dimentico, quindi è importante non allontanarmi dalla base della società”.
Nel libro ‘Il luogo della parola’, che in inglese è tradotto con ‘Where We Stand’, parla soprattutto di posizione sociale (e posizionamento). “Siccome come donne nere siamo posizionate in un luogo dell’oppressione è più difficile essere parte della conversazione. Non si tratta di dire se una persona bianca può parlare o meno di razzismo: ovviamente può. Ma deve sapere da che posizione parla. Se io sono oppressa, è perché qualcuno mi opprime. E questo qualcuno deve capirlo, deve capire che non c’è nulla di naturale nell’oppressione”, spiega.
Sull’Italia non nega un po’ di pessimismo: “La strada (per combattere il razzismo, ndr) è ancora lunga – dice – A volte sento dire ‘tornatene in Brasile’. Io penso ok, ma i tuoi antenati sono venuti in Brasile e ora vivono bene, ci sono state delle politiche pubbliche positive per loro da parte dello Stato, oggi c’è una comunità italo-discendente molto ampia”, spiega Ribeiro. Il percorso è difficile, bisogna “studiare soprattutto la storia della colonizzazione – chiosa – Ma si può fare, credo sia possibile, credo nell’educazione, credo nell’importanza di decostruire un certo sapere e una certa narrativa”.
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