Ankara (Turchia), 14 lug. (LaPresse/AP) – Tredici soldati turchi e sette militanti curdi sono morti negli scontri scoppiati oggi nel sudest della Turchia, vicino al villaggio di Dolapdere. Tra i soldati ci sarebbero anche sette feriti, due dei quali in condizioni serie. Lo riferiscono le autorità della città di Diyarbakir. Si tratta dell’episodio più sanguinario da anni nella battaglia che vede i ribelli curdi lottare per l’autonomia nel sudest del Paese, un conflitto che dal 1984 ha fatto decine di migliaia di vittime.
In seguito all’attacco il primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan ha convocato un incontro di emergenza ad Ankara con alti ufficiali dell’esercito e dell’intelligence. Erano tre anni che i soldati turchi non subivano un attacco così grave. Nell’ottobre 2007 dodici militari morirono in un’imboscata dei ribelli vicino al confine con l’Iraq. All’attacco sono seguite repressioni dell’esercito contro le basi dei ribelli nel nord del Paese confinante. Oggi, poco prima dell’imboscata, i ribelli curdi hanno anche sequestrato due operai che lavoravano alla costruzione di un avamposto militare nella provincia orientale di Tunceli. È il secondo sequestro ad opera dei ribelli in meno di una settimana. Altre tre persone, tra cui due soldati, sono state rapite sabato scorso nel sudest del Paese.
Intanto i deputati curdi non sono ancora riusciti a trovare un accordo con il governo per porre fine al boicottaggio delle attività del Parlamento. I deputati curdi si rifiutano di prestare il giuramento finché i loro cinque colleghi accusati di aver legami con i ribelli non saranno rilasciati dal carcere. Uno dei parlamentari curdi, Selahattin Demirtas, ha detto oggi che l’escalation delle violenze è una conseguenza dello stallo politico. Il presidente del Parlamento di Ankara, Cemil Cicek, ha invece condannato con forza l’attacco dei ribelli: “È un atto di violenza, tutti dovrebbero scegliere tra la democrazia e quelli che spargono il sangue”. I deputati curdi chiedono più diritti culturali e politici per la minoranza, che costituisce circa il 20% della popolazione turca di 74 milioni di persone.
Alcune ore dopo l’attacco, un gruppo ombrello che include anche il partito curdo della Turchia ha proclamato l’autonomia nella città di Diyarbakir, la più grande del sudest del Paese. Non è chiaro che effetto pratico possa avere questa dichiarazione, anche se il governo di Ankara ha più volte messo in guardia dal compiere una mossa simile, vista come minaccia all’unità nazionale. Secondo Aysel Tugluk, parlamentare curdo e co-presidente del Congresso della società democratica, l’annuncio è stato fatto sui basi democratiche e il popolo curdo rimane devoto “all’unità nazionale turca”. Tugluk insiste sul fatto che i curdi non stiano cercando di rompere la sovranità nazionale ma di avere una prima amministrazione e un propria assemblea.
Solidarietà ad Ankara è arrivata dall’alleato statunitense. “Gli Stati Uniti – ha detto il portavoce del dipartimento di Stato Mark Toner – condannano nei termini più forti l’uccisione di soldati turchi. Supportiamo la Turchia nella sua guerra contro il terrorismo e continueremo a lavorare con il governo di Ankara per combatterlo in tutte le sue forme”.
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