Tripoli (Libia), 28 ago. (LaPresse/AP) – “Lunedì abbiamo sentito i ribelli avanzare… Eravamo felici, sapevamo che saremmo presto stati liberati. I cecchini erano al piano di sopra, sono venuti giù e hanno iniziato a sparare”. Questo il racconto di Osama Al-Swayi, residente di Tripoli catturato dalle forze di Gheddafi, sopravvissuto al massacro avvenuto nell’edificio dei servizi di sicurezza interna, nel quartiere Gargur. Al-Swayi ha raccontato a Human rights watch di essere stato preso dai soldati della brigata Khamis due giorni prima della sparatoria. Venticinque persone erano detenute con lui nell’edificio.

Lunedì i prigionieri hanno sentito i ribelli avanzare al grido di ‘Allah Akbar’ (Dio è grande), ma poco dopo i militari hanno iniziato a sparare. “Un vecchio e un’altra persona – ha continuato al-Swayi – sono stati uccisi fuori dalla nostra porta. Noi siamo usciti dalla stanza perché loro (i soldati, ndr) hanno aperto la porta dicendo ‘veloci, veloci, tutti fuori'”. I militari hanno quindi ordinato ai detenuti di stendersi a terra e uno ha urlato “finiscili”. Quattro uomini hanno quindi iniziato a sparare. “Io ero vicino all’angolo e mi hanno colpito alla mano destra, al piede destro e alla spalla destra. In un istante, hanno ammazzato tutte le persone che erano con me… Nessuno respirava. Alcuni avevano ferite alla testa”.

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