Gaza (Striscia di Gaza), 7 nov. (LaPresse/AP) – Decine di palestinesi che nell’offensiva israeliana nel 2008 su Gaza hanno perso i loro parenti sono stati costretti a bloccare le richieste di risarcimento, a causa delle barriere quasi insormontabili imposte da Israele per il proseguimento dei loro casi. Le restrizioni, infatti, impediscono agli abitanti di Gaza di entrare in Israele per testimoniare, fare esami medici o incontrarsi con gli avvocati. Ma l’ostacolo più grande, dicono le vittime, sono le altissime tariffe del tribunale, che possono raggiungere le decine di migliaia di dollari. “La vittima deve pagare per la giustizia”, ha detto il residente di Gaza Mohammed Abdel-Dayim, che durante un attacco militare perse figlio e tre nipoti. “Israele – continua – dovrebbe vergognarsi”.

Tel Aviv sostiene che le tariffe alte impediscono le cause superficiali e che sono imposte a molti stranieri, non solo ai palestinesi. Gli stranieri non hanno infatti liquidità sul territorio che lo Stato possa congelare per coprire le spese legali e altri costi del tribunale. Tuttavia, i palestinesi affermano che i costi alti siano parte di una strategia per proteggere i soldati israeliani. Se le tariffe non verranno abbassate, gli avvocati che rappresentano i palestinesi hanno annunciato che dovranno abbandonare la maggior parte dei casi. Le operazioni condotte da Israele nel dicembre 2008 durarono tre settimane e provocarono la morte di circa 1.400 palestinesi di Gaza, centinaia dei quali civili. Israele lanciò la campagna in risposta al pesante fuoco di razzi palestinesi. Nell’offensiva morirono anche 13 soldati israeliani.

© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata