Rabat (Marocco), 16 nov. (LaPresse/AP) – I ministri degli Esteri dei Paesi membri della Lega araba hanno confermato la sospensione della Siria dall’organismo internazionale. I ministri hanno inoltre dato a Damasco tre giorni di tempo per rispondere al piano di pace che prevede l’invio di una delegazione della stessa Lega araba per monitorare la conformità all’accordo. I rappresentanti dei 22 Paesi della Lega hanno annunciato la loro decisione in una nota al termine del summit di emergenza che si è tenuto oggi a Rabat, in Marocco. La sospensione, annunciata sabato e sostenuta durante l’incontro, è una mossa molto dura e altrettanto insolita nei confronti di un membro di rilievo come la Siria.

Al termine del summit, il ministro degli Esteri del Qatar, Hamad bin Jassim, ha detto ai giornalisti che alla Siria è stata offerta la possibilità di mettere fine alle violenze contro i civili e mettere in pratica il piano di pace stilato dalla Lega araba il 2 novembre. “Il governo siriano – ha detto il ministro – deve firmare il protocollo inviato dalla Lega araba e mettere fine a tutte le violenze contro i dimostranti. Sanzioni economiche sono certamente possibili, se il governo siriano non risponderà. Ma siamo consapevoli del fatto che queste sanzioni potrebbero toccare la popolazione siriana”. Il protocollo non specifica se la sospensione della Siria dall’organizzazione rimarrà in vigore, ma un ufficiale del ministero degli Esteri del Marocco, rimasto anonimo, conferma che sarebbe così. Il protocollo chiede una missione di osservatori di 30-35 membri sotto gli auspici della Lega araba per garantire che la Siria stia rispettando l’accordo. Il piano chiede lo stop alle violenze sui manifestanti, il ritiro di carri armati e veicoli dell’esercito dalle città, il rilascio di prigionieri politici, il permesso ai giornalisti e ai gruppi per i diritti di entrare nel Paese.

Nel Paese intanto proseguono repressioni e violenze. Solo oggi sono stati almeno 19 i morti. Nella capitale, inoltre, sono state attaccate nuovamente sedi diplomatiche straniere. I manifestanti fedeli al regime del presidente Bashar Assad hanno preso d’assalto gli uffici diplomatici di Francia, Stati Uniti, e hanno protestato davanti alle sedi diplomatiche di Qatar ed Emirati Arabi Uniti. Per disperdere la folla, le forze di sicurezza siriane hanno usato gas lacrimogeni. Oggi il governo francese ha richiamato a Parigi il suo ambasciatore in Siria Eric Chevallier.

Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, 11 persone sono rimaste uccise nelle violenze scoppiate in diverse parti del Paese. Sette sono morte nella provincia centrale di Homs e altre quattro, compresi tre soldati disertori, sono state assassinate nella provincia di Hama in un’imboscata di truppe leali al presidente Bashar Assad. Poco dopo è arrivata la notizia della morte di otto soldati governativi, assassinati da militari passati all’opposizione nel villaggio di Kfar Zeita, nella provincia di Hama. Sempre oggi le forze di sicurezza siriane hanno fatto incursione nell’università di Qalamoon, a nord della capitale Damasco, dove gli studenti stavano partecipando a un sit-in antigovernativo.

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