Rabat (Marocco), 16 nov. (LaPresse/AP) – Si è tenuto oggi a Rabat, in Marocco, il summit di emergenza della Lega araba e della Turchia per ufficializzare l’esclusione di Damasco dal gruppo, mentre in Siria proseguono repressioni e violenze che solo oggi hanno provocato almeno 19 morti in tutto il Paese. Nella capitale, inoltre, sono state attaccate nuovamente sedi diplomatiche straniere. I manifestanti fedeli al regime del presidente Bashar Assad hanno preso d’assalto gli uffici diplomatici di Francia, Stati Uniti, e hanno protestato davanti alle sedi diplomatiche di Qatar ed Emirati Arabi Uniti. Per disperdere la folla, le forze di sicurezza siriane hanno usato gas lacrimogeni. Oggi il governo francese ha richiamato a Parigi il suo ambasciatore in Siria Eric Chevallier.

Gli attacchi che hanno portato a nuove vittime sono iniziati questa mattina, quando soldati disertori hanno preso d’assalto obiettivi militari e dell’intelligence nei pressi di Damasco. Unanimi le condanne della repressione da parte dei partecipanti del vertice a Rabat, iniziato con il discorso di apertura del presidente di turno, che ha promesso di “mettere fine allo spargimento di sangue in Siria”. Mentre i rappresentanti di Lega araba e Turchia si sono detti d’accordo sulla “importanza della stabilità e dell’unità” del Paese, hanno però voluto sottolineare nel documento finale la “necessità di una risoluzione della crisi senza alcun intervento straniero”.

Il summit di Rabat si è aperto con il discorso del ministro degli Esteri del Qatar e presidente di turno, Hamad bin Jassim, che ha dato voce a pesanti critiche nei confronti del regime di Assad. “Quanto sta accadendo in Siria è molto triste”, ha detto Jassim, aggiungendo: “Non possiamo accettare che i civili siriani vengano uccisi nel modo in cui sta avvenendo adesso”. Gli ha fatto eco l’omologo turco, Ahmet Davutoglu, condannando la repressione e denunciando quelli che ha definito “omicidi di massa dei civili siriani”. Il ministro ha sottolineato poi l’importanza di un intervento internazionale, dicendo che “mettere fine allo spargimento di sangue in Siria è una nostra completa responsabilità”.

Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, 11 persone sono rimaste uccise nelle violenze scoppiate in diverse parti del Paese. Sette sono morte nella provincia centrale di Homs e altre quattro, compresi tre soldati disertori, sono state assassinate nella provincia di Hama in un’imboscata di truppe leali al presidente Bashar Assad. Poco dopo è arrivata la notizia della morte di otto soldati governativi, assassinati da militari passati all’opposizione nel villaggio di Kfar Zeita, nella provincia di Hama. Sempre oggi le forze di sicurezza siriane hanno fatto incursione nell’università di Qalamoon, a nord della capitale Damasco, dove gli studenti stavano partecipando a un sit-in antigovernativo.

Oggi i ministri degli Esteri arabi hanno discusso dell’istituzione di un gruppo di controllo per monitorare la situazione in Siria ed eventualmente riammettere Damasco se attuerà il piano arabo. “I ministri – ha spiegato il vicesegretario Ahmed Benhelli – stanno negoziando con il governo siriano la formazione di una missione di osservatori e stanno discutendo la sua composizione e l’esatta missione”. Il vicesegretario ha aggiunto che “questa commissione controllerà se la Siria si stia attenendo al piano della Lega araba”. Quando e se la commissione determinerà che Damasco sta davvero attuando l’accordo arabo, allora la Siria sarà riammessa nel gruppo.

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