Il Cairo (Egitto), 22 nov. (LaPresse/AP) – Secondo la tv di Stato egiziana, tre persone sono state uccise nella notte nella città orientale di Ismailia. Il numero delle vittime in tre giorni di scontri sale così a un totale di 29 morti. Un funzionario dell’obitorio ieri aveva riferito che i morti erano 35, ma poi ha spiegato che ulteriori analisi hanno rilevato che 11 delle persone morte non avevano alcun legame con gli scontri. I feriti sono stimati in 1.750.

Gli egiziani si stanno nuovamente radunando al Cairo, in piazza Tahrir. La piazza che è stata simbolo della primavera nel Paese, fino alla destituzione di Hosni Mubarak, si è nuovamente fatta teatro di violenze. Ci sono state sassaiole e scontri, la polizia in assetto antisommossa sostenuta da veicoli blidanti ha usato gas lacrimogeni e proiettili di gomma.

La piazza ha chiesto sino a ieri sera che la giunta militare fissasse presto una data per il passaggio del potere a un governo civile regolarmente eletto. Nella serata di ieri, il governo del primo ministro Essam Sharaf in carica da marzo ha presentato le dimissioni al Consiglio militare, ma resterà comunque in carica per il disbrigo degli affari correnti finché il Consiglio militare non prenderà una decisione. L’esecutivo è stato più volte accusato di essere inefficiente e subordinato all’esercito.

I manifestanti vogliono che il maresciallo Hussein Tantawi, per vent’anni ministro di Mubarak, esca di scena. Nel pomeriggio di ieri il Consiglio supremo militare ha varato una legge anti-corruzione che potrebbe escludere da cariche governative gli ex membri del partito di Mubarak, in gran parte condannati. Dal testo della legge, pubblicato dall’agenzia di stampa di Stato Mena, si apprende che tutte le persone condannate per corruzione non potranno ricoprire cariche governative, votare o candidarsi alle elezioni per un periodo massimo di cinque anni. La riforma non risponde però alle molte richieste dei dimostranti, i quali volevano che si vietasse completamente a tutti gli ex membri del regime, tra cui Tantawi, di candidarsi per posizioni al governo.

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