Manama (Bahrain), 23 dic. (LaPresse/AP) – Le forze di sicurezza del Bahrain hanno attaccato con proiettili di gomma e gas lacrimogeni il quartier generale di Al Wefaq, il principale partito di opposizione del Bahrain, a Manama, dopo che il gruppo ha provato a sfidare un nuovo divieto governativo sulle proteste settimanali. La polizia ha utilizzato i gas lacrimogeni anche per disperdere centinaia di sostenitori dell’opposizione che provavano a protestare in un’altra parte della capitale. “Sono rimasto sconvolto dal vedere gas lacrimogeni e proiettili di gomma colpire i nostri uffici”, ha commentato il vicepresidente del partito, Sheik Hussain Al Daihi, spiegando che al momento dell’attacco si trovava all’interno della struttura con alcuni giornalisti stranieri. Una ragazzina di 13 anni, ha aggiunto, è tra le persone rimaste ferite e ha gravi lesioni a una coscia.
L’azione di oggi è l’ultimo episodio in dieci mesi di scontri in Bahrain, tra la monarchia sunnita e il movimento di opposizione guidato dalla maggioranza sciita del Paese, che da tempo lamenta una forte discriminazione. Attraverso l’account ufficiale di Twitter, il ministero dell’Interno ha invece spiegato che un gruppo di “vandali” ha lanciato pietre contro le forze di polizia dietro l’ufficio di Al Wefaq, obbligandolo a intraprendere “procedure legali”.
“Siamo persone che non possono essere spezzate. Tutta questa repressione e brutalità è la fonte della nostra forza e della nostra determinazione per continuare a lottare e a difendere i nostri diritti nazionali”, ha commentato ancora Al Daihi. Le autorità hanno vietato le proteste settimanali del venerdì per la prima volta da quando le leggi di emergenza sono state eliminate a giugno. Il ministero dell’Interno, ha detto ancora Al Daihi, ha “fornito scuse stupide” per vietare l’evento, tra cui il fatto che avrebbe bloccato il traffico e messo in pericolo altre persone nell’area.
Violando gli ordini del governo, i religiosi sciiti hanno tenuto le preghiere tra le macerie delle moschee che sono state rase al suolo dalle autorità all’inizio dell’anno, almeno 38 secondo la congregazione. È la prima volta che le autorità religiose sciite prendono attivamente parte al movimento di protesta, sfidando apertamente il governo. “Inizieremo una campagna per difendere i nostri siti religiosi e la prima attività prenderà il via con una protesta alla fine della preghiera nella grande moschea di Diraz”, ha detto il religioso sciita Sheik Isa Qassim durante il sermone del venerdì. Diraz è una roccoforte dell’opposizione a nordovest della capitale. “Chiediamo democrazia per un unico popolo, sunnita e sciita. Noi – ha continuato – siamo quelli che insistono sull’unità e per questo motivo siamo bersaglio del governo”. Qassim ha poi chiesto agli alleati internazionali del Bahrain di esercitare pressione su chi è al potere per quella che ha definito una mancanza di volontà di condurre riforme.
Il Bahrain è un alleato chiave degli Stati Uniti nel Golfo e ospita la quinta flotta della Marina degli Usa. Da febbraio, quando sono scoppiate le rivolte, almeno 40 persone sono state uccise. Centinaia di attivisti sono stati arrestati e portati a processo per accuse di condotta anti-statale, davanti a una speciale corte allestita dopo che le autorità hanno imposto la legge marziale e invitato nel Paese una forza militare del Golfo, guidata dall’Arabia Saudita, per aiutare il governo ad affrontare i dissidenti. La legge di emergenza è stata eliminata a giugno e da allora gli oppositori del governo si sono scontrati con la polizia quasi ogni notte.
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