Beit Shemesh (Israele), 27 dic. (LaPresse/AP) – È polemica in Israele sulla campagna degli ebrei ultraortodossi che stanno spingendo per la segregazione delle donne in luoghi pubblici. Per oggi a Beit Shemesh è attesa una manifestazione contro la segregazione, a cui si prevede che parteciperanno circa 10mila persone. Simbolo dell’indignazione è una bimba di 8 anni, Naama Margolese, che ha paura di andare nella sua scuola religiosa per bambine dopo che estremisti ebrei le hanno sputato addosso e l’hanno chiamata “puttana” perché era vestita in maniera ritenuta “indecente”. La sua storia ha attirato attenzione sulle questioni di coercizione religiosa e segregazione delle donne. Ieri a Beit Shemesh si sono verificati scontri con polizia e giornalisti: decine di uomini hanno disturbato alcuni reporter di Associated Press che riprendevano un cartello stradale per la segregazione dei sessi sui marciapiedi davanti a una sinagoga e un altro gruppo ha invece lanciato pietre contro una troupe di Channel 10 Tv e contro la polizia.
La pagina Facebook creata per “proteggere la piccola Naama” ha già attirato quasi 10mila follower e questa settimana si terrà una manifestazione di sostegno della bambina. Le immagini di Naama in lacrime trasmesse in tv hanno scioccato molti israeliani e domenica il quotidiano Yediot Ahronot titolava: ‘Chi ha paura di una studentessa di 8 anni?’. “Quando vado a scuola la mattina mi viene mal di pancia perché sono così spaventata che loro ci saranno e inizieranno a gridare e sputare”, ha raccontato la bimba ad Associated Press. “Sono terribili – ha aggiunto – e non vogliono che andiamo a scuola”. Naama frequenta una nuova scuola per bambine nella città di Beit Shemesh, a ovest di Gerusalemme. L’istituto è situato tra un quartiere di ebrei ultraortodossi e una comunità di ebrei moderni, molti dei quali sono immigrati dagli Stati Uniti. Gli ultraortodossi considerano la scuola una violazione del loro territorio. Decine di uomini in cappelli neri deridono e accostano le studentesse tutti i giorni. La popolazione ortodossa di Beit Shemesh ha eretto segnali stradali chiedendo la segregazione dei sessi sui marciapiedi, organizzato “pattuglie di modestia” per garantire che le donne abbiano un aspetto sobrio e hanno lanciato pietre contro trasgressori.
Il caso di Naama è particolarmente sconvolgente perché si tratta di una bambina che frequenta una scuola religiosa e veste in modo composto indossando gonne e maglie a maniche lunghe. “La polizia israeliana intraprende e intraprenderà azioni per arrestare e fermare chi sputa, molesta o alza un dito”, ha dichiarato nei giorni scorsi il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. “Non c’è spazio per cose del genere in uno Stato libero e democratico”, ha aggiunto. Gli abusi e la segregazione delle donne non sono una novità e i critici accusano il governo di chiudere un occhio, visto che due partiti ultraortodossi fanno parte della coalizione di governo. Le comunità ultraortodosse, che costituiscono il 10% della popolazione dello Stato ebraico, ricevono sussidi statali e la polizia raramente entra nelle zone abitate da estremisti.
In passato gli ultraortodossi applicavano il loro stile di vita rigoroso soltanto nei propri quartieri, ma ultimamente sono diventati sempre più aggressivi e cercano di imporre le rigide regole agli altri. Per la mamma di Naama, Hadassa Margolese, gli ultimi eventi rientrano in una lotta per il territorio. “Vogliono spingerci fuori da Beit Shemesh e vogliono prendere il controllo della città”, ha detto la donna.
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