Ramallah (Cisgiordania), 2 gen. (LaPresse/AP) – Dopo oltre un anno si riaprono domani in Giordania, ad Amman, i colloqui tra palestinesi e israeliani sulla crisi del Medioriente. Ancora non si tratta di negoziati ufficiali, ma di una doppia occasione di confronto. Da una parte si troveranno negoziatori israeliani e palestinesi e inviati del Quartetto per il Medioriente. Dall’altra solo rappresentanti israeliani e palestinesi. Alla vigilia del meeting, però, sono ancora incerte le possibilità di successo.

Da parte palestinese, ha fatto sapere il capo negoziatore Saeb Erekat, non ci sia attende alcun progresso nel confronto con la delegazione di Tel Aviv, guidata da Yitzhak Molcho, a meno che Israele non acconsenta a fermare la costruzione degli insediamenti in Cisgiordania e a Gerusalemme est. Israele, ha aggiunto Erekat, deve accettare i confini del 1967 come base per un futuro Stato. Il governo di Tel Aviv rifiuta però da sempre le richieste palestinesi e sostiene che i colloqui di pace debbano riprendere senza precondizioni. “Speriamo che il governo israeliano ricambi gli sforzi della Giordania annunciando la cessazione della costruzione di insediamenti e l’accettazione della soluzione a due Stati sulla base dei confini del ’67, in modo che possiamo riprende i negoziati in linea con la dichiarazione del Quartetto del 23 settembre”, ha detto Erekat a giornalisti. Per il capo negoziatore palestinese quelli della Giordania sono “gli sforzi dell’ultimo minuto per recuperare la situazione”.

Da parte israeliana oggi sono arrivati auspici. “Spero che il meeting di domani in Giordania porti alla ripresa dei colloqui diretti fra israeliani e palestinesi”, ha commentato Mark Regev, portavoce del premier israeliano Benjamin Netanyahu, aggiungendo: “L’unica strada per raggiungere la pace e la riconciliazione è il dialogo”.

Negativo invece il pensiero di Hamas che ha addirittura chiesto al presidente palestinese Mahmoud Abbas di annullare il meeting. “Chiediamo all’Autorità nazionale palestinese di dare priorità alla riconciliazione fra gli stessi palestinesi e di continuare a rifiutare qualsiasi incontro o negoziato finché continua l’occupazione”, ha detto il portavoce di Hamas a Gaza, Fawzi Barhoum. Abbas si trova nel mezzo degli sforzi di riconciliazione con Hamas, che ha preso il controllo della Striscia di Gaza nel 2007. Israele lo considera un gruppo terroristico e ha avvisato che non potrà stringere un accordo di pace con i palestinesi che includa anche la formazione. Hamas ha trovato nuova forza in seguito alle rivolte della Primavera araba, che hanno dato crescente vigore ai gruppi islamici in tutto il Medioriente. Anche per questo la Giordania, che ospita l’incontro di domani e che è stata a sua volta teatro di sommosse, è desiderosa di arginare la crescita dell’influenza islamica. Il fallimento del processo di pace potrebbe portare a un rafforzamento della corrente islamica in Giordania, dove già vivono molti palestinesi, perché molti residenti della Cisgiordania potrebbero riversarsi proprio nel Paese.

Appoggio all’incontro di domani arriva invece dalla comunità internazionale. Il ministro degli Esteri italiano, Giulio Terzi, ha fatto sapere che “l’Italia accoglie favorevolmente e con fiducia l’iniziativa giordana di promuovere due incontri volti a fare ripartire il processo di pace”. “Nell’esprimere il mio personale apprezzamento per l’impegno della Giordania – ha detto il ministro – auspico fortemente che le parti sappiano cogliere con coraggio, e con il necessario atteggiamento costruttivo, questa preziosa opportunità, che auspichiamo possa essere colta pienamente. E’ molto positivo che il Quartetto confermi il suo ruolo cruciale nel favorire il riavvio di quei negoziati diretti che, nei termini e nell’orizzonte temporale indicati nella dichiarazione del 23 settembre scorso, costituiscono l’unico strumento per poter giungere a una pace stabile e duratura. Per questo motivo l’Italia in questi mesi ha fortemente sostenuto gli sforzi del Quartetto e dell’Alto rappresentante dell’Unione affinché venisse al più presto riaperta una credibile prospettiva di rilancio del processo di pace”.

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