Amman (Giordania), 3 gen. (LaPresse/AP) – Il primo obiettivo era che le due parti tornassero almeno a guardarsi in faccia. Proprio per questo, l’incontro avvenuto oggi ad Amman, in Giordania, tra il negoziatore palestinese Saeb Erekat e l’israeliano Yitzhak Molcho, si può dire che sia stato positivo. Il processo di pace, interrotto nel settembre 2010, dopo il no di Tel Aviv a fermare gli insediamenti in Cisgiordania e Gerusalemme est, potrebbe ripartire infatti proprio da qui, anche se rimangono i dubbi di Hamas e dello stesso presidente dell’Anp Mahmoud Abbas. Oggi, non si è trattato di veri negoziati, ma di una prima possibilità di incontro, osteggiata fino all’ultimo proprio da Hamas e sostenuta invece dal governo giordano e dalla comunità internazionale. Ad incontrarsi prima sono stati i capi negoziatori, assieme ai rappresentanti del Quartetto per il Medioriente (Usa, Russia, Unione europea e Nazioni unite), poi gli stessi negoziatori per un faccia a faccia alla sola presenza del ministro degli Esteri giordano, Nasser Judeh.
L’atmosfera dell’incontro, ha confermato proprio quest’ultimo, è stata positiva. Benché non ci siano state significative brecce in materie di “sostanza”, ha continuato Judeh, “la cosa importante è che le due parti sia siano incontrati faccia a faccia”. E poi ha confermato la volontà di proseguire. “Ci siamo detti d’accordo che le discussioni andranno avanti e avranno luogo qui in Giordania”, ha aggiunto il ministro. Un diplomatico rimasto anonimo presente al primo incontro, quello allargato anche al Quartetto, ha descritto il meeting come “una sessione di scambio di idee in cui entrambe le parti, israeliani e palestinesi, hanno mostrato impazienza di ricominciare le negoziazioni di pace”. Una speranza sottolineata anche dal segretario generale delle Nazioni unite Ban Ki-moon, che ha chiesto alle parti di partire dall’incontro di oggi per “fare passi avanti verso una pace duratura”.
Dopo la richiesta di annullare il confronto avanzata da Hamas, secondo cui è necessario “rifiutare qualsiasi negoziato finché continua l’occupazione israeliana”, anche il presidente dell’Anp Mahmoud Abbas aveva pronunciato parole dure su un eventuale muro innalzato da Tel Aviv alle condizioni poste dai palestinesi. Se Israele le accetterà, ha detto infatti Abbas prima dell’incontro, “riprenderemo i negoziati”, ma se non ci saranno progressi entro il 26 gennaio, “adotteremo nuove misure che potrebbero essere dure”. Il presidente dell’Anp ha precisato che al momento non è stata presa alcuna decisione, ma secondo funzionari palestinesi le autorità stanno valutando la possibilità di riprendere gli sforzi volti a ottenere il riconoscimento dello Stato dalle Nazioni unite, nonché una nuova condanna da parte dell’Onu degli insediamenti in Cisgiordania e Gerusalemme est. Intanto oggi 13 gruppi all’opposizione in Giordania, tra cui fondamentalisti islamici e organizzazioni di sinistra, hanno protestato contro i colloqui, sostenendo che i palestinesi non debbano trattare, ma piuttosto organizzare una terza intifada contro Israele.
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