Almaty (Kazakistan), 3 gen. (LaPresse/AP) – Il primo passo verso l’Unione euroasiatica fortemente voluta dal premier russo Vladimir Putin è stato ufficialmente fatto. Dal primo gennaio Russia, Kazakistan e Bielorussia sono formalmente legate da un’unione doganale che prevede il libero movimento di beni e capitali. L’idea di una comunità eurasiatica fu proposta originariamente dal presidente kazako Nursultan Nazarbayev negli anni ’90, ma il concetto era troppo prematuro per dei Paesi ancora impegnati a forgiare la propria identità statale. Adesso Putin, desideroso di raccogliere consensi in vista delle ormai vicine presidenziali di marzo e pressato dal crescente dissenso, sta spingendo sull’acceleratore facendone la sua priorità in politica estera per poter competere nella moderna economia globale e restaurare il ruolo centrale di Mosca nell’area ex sovietica. I primi Paesi ad aver aderito sono, appunto, Bielorussia e Kazakistan; i prossimi saranno probabilmente Kyrghizistan e Tajikistan.
Nei progetti di Putin, come ha annunciato lui stesso lanciando la proposta sul quotidiano Izvestia a ottobre, la Comunità economica eurasiatica (Ces) dovrebbe nascere entro il 2015. La Ces dovrebbe essere un nuovo polo, uno spazio economico comune che raccolga le repubbliche ex sovietiche per creare un ponte fra Europa e Asia, unendo idealmente l’Europa centrale alla costa del Pacifico fino ai monti Pamir che confinano con l’Afghanistan. Dopo la Comunità degli Stati Indipendenti (Csi) che si è rivelata in gran parte incapace di realizzare gli obiettivi fissati, si tratterebbe di rivitalizzare in qualche modo almeno un nocciolo dell’ex Unione sovietica, ma Putin liquida queste definizioni come critiche di chi non ha capito il senso della proposta.
L’accordo entrato in vigore il primo gennaio prevede il libero movimento di beni e capitali nello spazio di Russia, Bielorussia e Kazakistan. Si tratta di uno ‘spazio economico comune’ che offre a Mosca fino a 30 milioni di nuovi clienti in Bielorussia e Kazakistan e a questi due Paesi un più ampio accesso al mercato russo di oltre 140 milioni di persone. Il rischio per i produttori russi è il fatto che nei due Paesi il costo della manodopera è notevolmente più basso, il che potrebbe mandare fuori mercato i prodotti della federazione.
Kyrghizistan e Tajikistan sembrano essere i prossimi due a voler aderire alla Comunità economica euroasiatica. Entrambi Paesi con economie in difficoltà nell’Asia centrale, probabilmente sperano di poter trarre benefici finanziari dall’accordo con Mosca un po’ come avveniva ai tempi dell’Unione sovietica. L’ex presidente kyrghiza, prima di lasciare l’incarico a ottobre, disse che vedeva il destino della sua nazione come inevitabilmente legato all’Unione eruoasiatica. Anche il nuovo presidente Almazbek Atambayev ha ribadito il concetto chiarendo che il Paese, anche se ospita una base aerea degli Stati Uniti cruciale per il trasporto in Afghanistan, si colloca nell’orbita della Russia. Il Tajikistan, da parte sua, si è mostrato un partner più recalcitrante, ma con i circa un milione di migranti tagiki che lavorano attualmente in Russia l’appeal di un futuro con i confini aperti sarebbe troppo appetibile da rifiutare.
Altri potenziali membri del Ces potrebbero essere Ucraina, Armenia e Georgia. Non mancano tuttavia le perplessità perché per esempio l’Ucraina teme che l’eventuale adesione possa compromettere il suo futuro impegno politico ed economico con l’Europa occidentale. I vicini della Russia hanno motivo di temere che si tratti di un tentativo del Cremlino di restaurare il suo dominio politico. Durante la campagna elettorale di Russia Unita, uno degli slogan di Putin è infatti che la “nuova unine permetterà al Paese di diventare un altro polo di influenza nel mondo moderno e multipolare”. La Georgia, da parte sua, si pensa sia ostile visti i travagliati rapporti con Mosca. Sembra favorevole invece al momento l’Armenia.
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