Beirut (Libano), 27 gen. (LaPresse/AP) – Sono oltre 70 le persone uccise dalle forze di sicurezza siriane negli ultimi due giorni. Secondo gli attivisti, almeno 35 civili sono stati assassinati ieri a Homs e altri 39 oggi in diverse città del Paese. Oggi intanto, alle 15 ora di New York (le 21 in Italia), il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite terrà un incontro a porte chiuse sulla crisi siriana. L’organo, riferisce la missione francese all’Onu con un messaggio su Twitter, discuterà “dei passi da attuare riguardo alla situazione in Siria”.

In questi ultimi giorni, le truppe fedeli al contestato presidente Bashar Assad hanno bombardato edifici residenziali, sparato sui dimostranti e lasciato cadaveri insanguinati per le strade in una drammatica escalation di violenza. La maggior parte delle feroci operazioni si è tenuta a Homs, dove sono ancora in corso pesanti sparatorie che proseguono da due giorni. Ieri i residenti della città, ormai nota per il dissenso e la repressione, hanno riferito di rapimenti e massacri. I soldati di Assad hanno colpito palazzi residenziali con colpi di mortaio e spari, spiegano gli attivisti, aggiungendo che è stata assassinata un’intera famiglia.

Video postati online da manifestanti mostrano i corpi di cinque bambini piccoli, cinque donne di varie età e di un uomo, tutti insanguinati e ammassati su letti di un appartamento bombardato dalle truppe governative. Secondo i racconti degli attivisti, il palazzo si trova nel quartiere Karm el-Zaytoun di Homs, pesantemente colpito dagli attacchi di ieri. La voce che commenta le immagini riferisce che l’intera famiglia è stata “massacrata”. Il generale sudanese Mohammed Ahmed al-Dabi, capo degli osservatori della Lega araba in Siria, ha confermato in una nota che le violenze sono nettamente aumentate negli ultimi giorni. Nel comunicato, il generale cita in particolare le città di Homs, Hama e Idlib, che hanno tutte visto “un’escalation molto alta” di violenze da martedì scorso.

“Una feroce campagna militare”, continua al-Dabi, è in corso anche ad Hamadiyeh, distretto di Hama, dove la repressione è iniziata dalle prime ore di oggi. L’Osservatorio siriano per i diritti umani e altri gruppi spiegano che pesanti sparatorie ed esplosioni risuonano nell’area da ore. Altri attivisti hanno riferito che per le strade della città ci sono diversi cadaveri. “C’è stato un massacro terrificante” a Homs ieri, ha detto Rami Abdul-Rahman, direttore dell’Osservatorio. L’attivista ha poi chiesto un’indagine indipendente su quanto sta accadendo in Siria.

Continuano intanto gli sforzi diplomatici internazionali, non senza divergenze. Questa settimana l’ambasciatore tedesco Peter Wittig e altri diplomatici europei hanno preso parte a incontri con inviati arabi, tra cui i rappresentanti di Marocco e Qatar, per trovare un accordo sulla stesura di una risoluzione da presentare all’Onu che appoggi il piano della Lega araba per fermare le violenze. La bozza di risoluzione arabo-europea, ottenuta da Associated Press, esprime supporto per la decisione della Lega del 22 gennaio “di facilitare una transizione che porti a un sistema politico democratico, pluralista”. Il documento non menziona sanzioni, ma se non sarà applicato dalla Siria entro 15 giorni, chiede l’adozione di “ulteriori misure” non specificate, “in consultazione con la Lega degli Stati arabi”. La bozza condanna “le violazioni continue, diffuse e gravi di diritti umani e libertà fondamentali compiute dalle autorità siriane” e chiede al governo di Damasco la fine immediata di tutti gli abusi.

La Russia, invece, attraverso il vice primo ministro degli Esteri Gennady Gatilov, ha fatto sapere che si opporrà a una nuova eventuale bozza di risoluzione delle Nazioni unite sulla Siria perché non esclude la possibilità di un intervento militare. Per Mosca, il punto critico della bozza arabo-europea sono proprio le non specificate “ulteriori misure” da intraprendere in caso di azioni di Damasco non conformi alle richieste internazionali. “La bozza nella sua forma attuale per noi è inaccettabile” perché non tiene conto delle preoccupazioni del Cremlino, ha proseguito Gatilov. Secondo le Nazioni unite, le vittime della repressione nel Paese sono almeno 5.400.

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