Pechino (Cina), 7 feb. (LaPresse/AP) – Il governo cinese sta considerando l’ipotesi di mandare diplomatici in Siria per discutere con i leader del regime in modo da mettere fine alle violenze nel Paese. Lo ha fatto sapere il portavoce del ministero degli Esteri, Liu Weimin, ribadendo che Pechino vuole una soluzione alla crisi tramite il dialogo. Inviati cinesi potrebbero quindi viaggiare presto verso l’ovest dell’Asia o in Nordafrica per spingere una soluzione politica alle violenze.
La Cina ha difeso più volte la decisione di porre il veto alla risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite sulla Siria, sostenendo che il voto è stato convocato prima di risolvere differenze e controversie sul documento. Il no di Pechino e Mosca, altro membro permanente dell’organo Onu che sabato ha bloccato la risoluzione, ha scatenato l’ira di Stati Uniti, Europa e Paesi arabi. Dopo il veto, i due Paesi sono stati accusati di avere una responsabilità morale per lo spargimento di sangue in Siria.
Intanto oggi il ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov, è giunto a Damasco, con il capo dei servizi segreti esteri di Mosca Mikhail Fradkov, dove ha incontrato il presidente Bashar Assad. “Ogni leader di un Paese dovrebbe essere consapevole della propria parte di responsabilità, lei è consapevole della sua”, ha detto Lavrov ad Assad, durante l’incontro a Damasco. Lavrov, citato dalle agenzie di stampa russe Novosti e Itar-Tass, ha aggiunto che è importante per le nazioni arabe “vivere in pace e armonia”.
La televisione di Stato siriana riporta che centinaia di persone sono scese in strada a Damasco per accogliere Lavrov e “onorare” il supporto di Mosca alla Siria. Le immagini hanno mostrato il convoglio del ministro attraversare viale Mazzeh di Damasco, affollato da centinaia di sostenitori di Assad, alcuni dei quali sventolavano la bandiera russa. La folla ha mostrato diversi striscioni con slogan a sostegno di Mosca e Pechino. Su un cartello si poteva leggere ‘Grazie Russia e Cina’ sotto alcune fotografie di Assad e Dmitry Medvedev, presidente russo
Nel Paese però non si ferma la repressione del dissenso, soprattutto a Homs, diventata città simbolo della rivolta contro il regime. Secondo gli attivisti, le persone rimaste uccise dall’inizio dell’assalto nel weekend sono già centinaia. A perdere la vita oggi un ragazzo di 15 anni ucciso dalle forze di sicurezza a Houleh, città della provincia di Homs presa oggi d’assalto dalle truppe fedeli al presidente Bashar Assad. Lo riporta l’Osservatorio siriano per i diritti umani, aggiungendo che l’esercito sta cercando di lanciare un assalto nel distretto di Baba Amr. Ieri, in seguito alle continue violenze, gli Usa hanno chiuso l’ambasciata e il Regno Unito ha richiamato il suo ambasciatore a Damasco. Stessa decisione è stata presa da Francia e Italia che oggi hanno richiamato i propri diplomatici in patria per consultazioni.
© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata