Beirut (Libano), 24 feb. (LaPresse/AP) – Mentre le violenze in Siria proseguono, si tiene oggi in Tunisia l’incontro del cosiddetto gruppo ‘Amici della Siria’. Alla conferenza, che inizierà oggi alle 15 ora italiana, sono presenti rappresentati di oltre 70 Paesi, che discuteranno di come poter assistere gli oppositori di Assad. Dopo il veto di Russia e Cina alla risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite destinato a fermare le violenze, i Paesi occidentali hanno percorso nuove strade per mettere fine alla repressione e la conferenza di oggi rientra in questi sforzi. Così, come la nomina di Kofi Annan, ex segretario generale delle Nazioni unite, a inviato speciale di Onu e Lega araba per la Siria, arrivata nella notte.
Una bozza del documento finale della conferenza di Tunisi ottenuta da Associated Press chiede al governo siriano “di implementare un cessate il fuoco immediato per consentire l’accesso libero e senza impedimenti alle Nazioni unite e alle agenzie umanitarie per rispondere ai bisogni dei residenti di Homs e di altre aree”. L’incontro ha anche l’obiettivo di chiedere l’apertura di Assad verso il passaggio dei poteri. Alcuni diplomatici hanno riferito che se il presidente si rifiuterà di appoggiare il piano per la transizione politica, allora saranno imposte sanzioni più severe al regime e gli oppositori diventeranno sempre più forti.
“Se Assad non si conformerà al piano, crediamo che la pressione continuerà ad aumentare. La strategia seguita dal governo siriano e dai suoi alleati non potrà superare il test della legittimità molto a lungo”, ha detto il segretario di Stato Usa Hillary Clinton a margine dell’incontro di ieri a Londra sulla Somalia. “Ci saranno forze di opposizione sempre più capaci – ha continuato – e in qualche modo troveranno i mezzi per difendersi e attuare misure offensive”. Il segretario di Stato e altri diplomatici, tra cui il ministro degli Esteri britannico William Hague, hanno escluso un aiuto militare diretto all’opposizione, ma i commenti della Clinton suggeriscono che i governi occidentali stiano almeno considerando questa opzione. Sempre a margine della conferenza di ieri sulla Somalia, Hague e l’omologo francese Alain Juppé hanno rifiutato l’ipotesi di un intervento militare in Siria, che secondo il ministro britannico avrebbe conseguenze “molto difficili da immaginare”.