Gerusalemme, 30 mar. (LaPresse/AP) – Migliaia di soldati e poliziotti israeliani sono stati dispiegati in tutto il Paese in vista delle manifestazioni arabe previste per oggi nell’ambito delle celebrazioni della cosiddetta ‘Giornata della terra’, protesta annuale contro la politica territoriale dello Stato ebraico e la colonizzazione, giudicate discriminatorie. L’esercito dello Stato ebraico ha bloccato l’accesso alla Cisgiordania e i palestinesi che abitano nella regione non possono entrare in Israele, salvo che per motivi umanitari. La chiusura della Cisgiordania, ha fatto sapere l’esercito, è stata decisa “in conformità alle valutazioni della situazione di sicurezza”. È stato inoltre limitato l’accesso alla moschea al-Aqsa di Gerusalemme. Il portavoce della polizia, Micky Rosenfeld ha fatto sapere che soltanto uomini con più di 40 anni potranno entrare nel sito, mentre le donne possono accedere indipendentemente dall’età. Le restrizioni riguardano palestinesi di Gerusalemme che hanno il permesso di soggiorno e quelli provenienti dalla Cisgiordania, ma non gli arabi israeliani.

La sicurezza è stata rafforzata nel nord del Paese, dove è prevista una grande manifestazione nel villaggio di Deir al-Assad. L’esercito israeliano si è inoltre preparato per affrontare eventuali disordini vicino al posto di blocco di Qalandiya e lungo i confini con Libano, Siria, Giordania, Egitto e Striscia di Gaza. Gli organizzatori hanno assicurato che le proteste saranno non violente. A Gaza attivisti hanno organizzato una manifestazione a poco meno di un chilometro dal confine israeliano e non intendono avvicinarsi di più per evitare scontri.

Alcuni tafferugli sono scoppiati brevemente tra manifestanti e le forze di sicurezza nella zona di Gerusalemme. I dimostranti hanno lanciato pietre e i soldati hanno risposto con granate stordenti, ma non ci sono notizie di feriti. Intanto nei pressi della città vecchia alcune decine di palestinesi che abitano nella parte est della città hanno sventolato bandiere gridando “Una patria”. I manifestanti, che non sono potuti andare alla moschea al-Aqsa, hanno pregato in strada, sulle bandiere stese per terra. I dimostranti erano circondati da decine di agenti di sicurezza, poliziotti in assetto antisommossa e altri a cavallo.

Nel sud del Libano oltre 3mila libanesi e palestinesi si sono riuniti nei pressi del castello di Beaufort, a circa 15 chilometri dal confine dello Stato ebraico. I dimostranti hanno sventolato bandiere palestinesi, intonato canti tradizionali e ballato la tradizionale danza orientale, la dabka. Le forze di sicurezza non hanno permesso loro di avvicinarsi di più alla frontiera. La 70enne Sobhiyeh Mizari ha raccontato di aver sempre insegnato ai suoi 12 figli di “non dimenticare mai la Palestina”. “Libereremo la nostra terra contro la volontà di Israele e dei suoi sostenitori”, ha affermato, aggiungendo che suo marito fu ucciso nei bombardamenti israeliani sul Libano nel 1978. “Oggi – ha aggiunto – preferirei essere più vicina al confine”.

Molti palestinesi, ispirati alle rivolte della primavera araba, credono che grandi marce e manifestazioni siano una delle strategie più efficaci per attirare l’attenzione alla loro causa. “Dopo le rivoluzioni arabe, c’è consapevolezza dell’importanza della partecipazione popolare”, ha commentato l’attivista Jafar Farah. “Questo – ha spiegato – ha scosso i regimi arabi e ora sta facendo paura al governo israeliano”.

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