Beirut (Libano), 20 apr. (LaPresse/AP) – Nonostante la garanzia del rispetto del cessate il fuoco, non si fermano le violenze in Siria. Secondo l’agenzia di stampa statale Sana, dieci soldati del regime sono morti all’esplosione di un’autobomba nel villaggio meridionale di Sahm al-Golan, vicino alle Alture del Golan. Gli attivisti riferiscono invece di raid su Homs in mattinata e di spari sui dimostranti oggi scesi in piazza in diverse città per il tradizionale venerdì di protesta.
Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, colpi di mortaio sono stati lanciati sul quartiere di Khaldiyeh ogni cinque minuti in mattinata. Altre offensive si sono registrate a Qusair, vicino al confine libanese, dove sono state avvertite esplosioni e sparatorie. Gli attivisti riferiscono inoltre di cortei di protesta a Damasco, Aleppo, Hama, Homs e Daraa. Secondo le prime testimonianze, i soldati fedeli ad Assad hanno sparato sui dimostranti ad Aleppo e Hama, ma per ora non ci sono notizie di vittime tra i civili. “La sicurezza è estremamente serrata a Damasco”, spiega l’attivista Maath al-Shami, aggiungendo che nonostante la presenza di agenti in borghese, sono in corso manifestazioni nei distretti di Qaboun, Midan, Barzeh e Mazzeh.
Intanto la Cina fa sapere di essere pronta a inviare sul terreno propri osservatori che affianchino quelli delle Nazioni unite. “La Cina – ha spiegato questa mattina il portavoce del ministero degli Esteri di Pechino, Liu Weimin – ha intenzione di inviare persone che si uniscano agli osservatori e al team avanzato. Continueremo a giocare un ruolo positivo e costruttivo per facilitare una risoluzione equa, pacifica e adeguata nella questione siriana”. Il portavoce non ha fornito dettagli sul numero di inviati che potrebbero partire dalla Cina, né se Pechino manderà o meno un contributo finanziario. Per questi aspetti, ha aggiunto, il governo sta ancora discutendo con l’Onu.
Sempre oggi, il portavoce di Kofi Annan, Ahmad Fawzi, ha fatto sapere che l’inviato speciale dell’Onu spera di triplicare la presenza degli osservatori entro la prossima settimana. Sette inviati sono già sul campo e altri due arriveranno lunedì. L’Onu spera però di avere a breve 30 esperti per monitorare l’effettivo rispetto del cessate il fuoco, che appare sempre più fragile. Parlando con i giornalisti da Ginevra, Fawzi ha sottolineato che l’accordo preliminare firmato con Damasco garantisce agli osservatori piena libertà di movimento e comunicazione. L’Onu sta già lavorando all’invio di un totale di 300 esperti in Siria, ha aggiunto il portavoce di Annan, ma il contingente deve ancora essere approvato dal Consiglio di sicurezza. Un’altra questione da risolvere, ha concluso, è l’eventuale spostamento via aria degli osservatori. “Non appena il Consiglio di sicurezza adotterà una risoluzione che autorizzi l’invio di 300 osservatori sul campo, saremo pronti a dispiegarli molto, molto rapidamente”, ha dichiarato Fawzi, concludendo: “Ci stiamo preparando per l’invio perché sentiamo che avverrà prima o poi. Deve essere così”.
Continua intanto il dibattito internazionale sulla crisi. Ieri a Parigi si è riunito per la seconda volta in tre giorni il gruppo ‘Amici della Siria’. Durante l’incontro, il segretario di Stato Usa Hillary Clinton ha chiesto al Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite di attuare un embargo delle armi e altre misure contro Damasco per mettere fine al conflitto.
Nel discorso di apertura della conferenza internazionale, il ministro degli Esteri francese Alain Juppé ha invece dichiarato che se il piano di pace di Kofi Annan fallirà, la Siria precipiterà definitivamente in una guerra civile, che potrebbe espandersi a livello regionale. Poco prima dell’inizio dell’incontro, il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon ha espresso a sua volta preoccupazioni per la crisi nel Paese, dove la situazione “è molto precaria” e continuano i “bombardamenti di aree civili, i gravi abusi delle forze governative e gli attacchi di gruppi armati”. Secondo l’Onu, le vittime di scontri e repressione hanno superato le 9mila.