Tokyo (Giappone), 4 mag. (LaPresse/AP) – Con lo spegnimento per controlli dell’ultimo dei suoi cinquanta reattori ancora in funzione, domani il Giappone rimarrà senza energia nucleare per la prima volta dal 1966. Ma, a quasi 14 mesi dal disastro di Fukushima dell’11 marzo 2011, il Paese si interroga su quali obiettivi potrà mantenere per la riduzione delle emissioni di gas serra. A rimpiazzare la produzione di energia delle centrali atomiche, contro la cui riaccensione si sono già espressi cittadini e governatori locali, sono per lo più impianti funzionanti a petrolio e gas naturale. Ancora troppo poco sviluppato è infatti il settore delle energie rinnovabili, su cui il Paese asiatico dovrà puntare per cercare di abbassare i livelli di inquinamento dell’aria nei prossimi anni.

SENZA NUCLEARE SALGONO LE EMISSIONI. Quest’estate il governo di Tokyo dovrebbe annunciare una nuova strategia energetica con diversi obiettivi per la produzione di energia rinnovabile, nucleare e convenzionale. Nel frattempo, però, il Paese sta spendendo miliardi per importare petrolio e gas extra per andare incontro alla domanda nazionale. E senza energia nucleare il governo ha stimato per quest’anno fiscale una produzione compresa tra 180 e 210 milioni di tonnellate di emissioni in più rispetto al 1990, anno di riferimento per calcolare i progressi in materia, quando in totale la produzione ammontò a 1,261 miliardi di tonnellate. La nuova situazione, senza le centrali nucleari, solleva ovviamente dubbi sulla possibilità che il Giappone sia in grado di rispettare la promessa fatta a Copenaghen nel 2009, di tagliare entro il 2020 le emissioni del 25% rispetto al ’90.

DUBBI SUL FUTURO DEI REATTORI. Fino al disastro di Fukushima, l’energia nucleare era il pilastro delle politiche energetiche e climatiche giapponesi, visto che dalle centrali atomiche proveniva circa un terzo dell’energia elettrica totale del Paese. E Tokyo aveva già pensato di espandere la percentuale al 50% entro il 2030. Il primo ministro Yoshihiko Noda ha ora promesso di ridurre la dipendenza dalle centrali atomiche, anche se il suo governo vorrebbe far ripartire alcuni reattori per evitare mancanza di energia durante la calda estate.

INDIETRO SULLE RINNOVABILI. Il Giappone è un Paese leader nel miglioramento dell’efficienza energetica, ma ha lavorato meno allo sviluppo delle energie rinnovabili rispetto ad altri Paesi, come la Germania che, oltre ad aver puntato sull’energia verde, ha in programma di rinunciare gradualmente al nucleare. Attualmente le energie rinnovabili producono circa il 9% dell’energia in Giappone, più o meno come negli Stati Uniti. Come incentivo per l’aumento, il governo ha deciso di chiedere alle aziende di acquistare corrente elettrica dai produttori di energia rinnovabile a costi fissi chiamati ‘feed-in tariffs’, simili al conto energia europeo, a partire da luglio. Ma se aumenteranno i costi per produrre energia rinnovabile, questo significherà anche un aumento dei prezzi dei consumatori.

OBIETTIVO GERMANIA. Il modello per un possibile orientamento futuro del Giappone è la Germania, che dopo Fukushima ha chiuso otto reattori ed entro il 2022 ha in programma di spegnere anche gli altri nove ancora in funzione. Le sue emissioni di gas serra erano scese del 2% lo scorso anno rispetto al 2010 e del 26,5% rispetto al 1990. Ma la vera forza del Paese europeo è stato lo sviluppo contemporaneo del settore delle energie rinnovabili, che ora producono oltre il 20% del totale nazionale, giocando un ruolo chiave nella riduzione delle emissioni. Il governo tedesco sta da anni promuovendo l’energia verde e vorrebbe raggiungere una dipendenza del 35% dalle rinnovabili entro il 2020 e dell’80% entro il 2050. Ciò che manca al Giappone rispetto alla Germania è tuttavia la sicurezza. Se dovesse rimanere senza energia per un certo periodo, il governo tedesco potrebbe facilmente acquistarla dai Paesi vicini grazie alla rete elettrica europea. Il Giappone, invece, non ha questa possibilità. Le politiche nipponiche, con il grande turnover ai vertici e le lotte di potere interne, sono un altro ostacolo. Secondo Sei Kato, vice direttore dell’Ufficio del ministero dell’Ambiente che si occupa di emissioni, il Giappone potrebbe raggiungere livelli simili alla Germania solo se riuscirà a ragionare in modo collettivo su come espandere le energie rinnovabili. Secondo Kato, Tokyo “ha il know-how tecnologico e può fare tutto ciò che ha realizzato la Germania”.

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